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Glen Hansard – Between Two Shores

Glen Hansard, l’ultimo dei romantici, è giunto a un’età in cui solitamente inizia al farsi spazio il tempo dei bilanci: il suo successo non è mai divenuto realmente planetario, nonostante una carriera da busker ormai ventennale, la vittoria di un Oscar con “Falling Slowly” e la partecipazione a “Commitments” di Alan Parker, la fama immensa dei Frames che non si è mai spostata dai confini irlandesi o lo stretto rapporto con Eddie Vedder che lo ha voluto con sé durante la sua tournée da solista, la scorsa estate.

Occhi gentili, faccia buona, troppo anche per un’icona del folk, Hansard continua a portare avanti, più o meno lentamente, i suoi progetti cantautorali senza che da qualcuno di questi esca fuori davvero la sua personalità più definita. Se è pur vero che lui stesso rifugge da qualsivoglia forma di successo, se per questo si intende il superamento del milione di visualizzazioni, è altrettanto indubbio come l’artista dublinese sia molto lontano da uno stile che gli attribuisca un’immediata riconoscibilità o il permanere costante nell’Olimpo della seconda generazione cantautorale.

Così, Hansard, presenta il suo terzo album da solista, Between Two Shores, come una raccolta di pezzi buttati giù nel corso del 2013 per poi essere rimossi e successivamente ripescati durante il tour promozionale di “Didn’t He Ramble” (2015). Ne sono seguite serrate sedute presso svariati sudi di registrazione, dalle sale di Wilco ai Black Box Studios francesi, in compagnia di ospiti di qualità apprezzabile e dei suoi più fidati collaboratori (l’amico e collega dell’avventura “Frames”, David Odlum, Brian Blade, Thomas Bartlett aka Doveman, Brad Albetta e Rob Moose, nonché la sua band attuale Joseph Doyle, Rob Bochnik, Graham Hopkins, Justin Carroll, Michael Buckley, Ronan Dooney e Curtis Fowlkes.).

“Between Two Shores” è un lavoro pieno di richiami, suoni e citazioni degli artisti di riferimento di Glen Hansard, Van Morrison, Bob Dylan, Pete Seeger: una citazione di una delle frasi più iconiche di quest’ultimo, “We Will Overcome”, compare nel testo di Wheels On Fire; permane ancora qualche dubbio se con la East Street Radio, citata all’interno di “Roll On Slow”, Hansard abbia voluto davvero rifarsi alla E Street Radio americana che fa girare successi del Boss h24. In apertura, è lodevole il tentativo di dar vita a un arrangiamento potente senza tralasciare il classicismo di un’impostazione blues, ma Roll On Slow tra riff elettrici e divagazioni soul finisce per diventare un accozzaglia di sonorità senza alcuna uniformità.

Movin’ On, Lucky Man e One Of Us Will Lose hanno tutti gli ingredienti della tradizione folk che Glen Hansard conosce bene e utilizza con un’eleganza quasi femminile. Setting Forth riassume perfettamente tutto il mood dell’album: ballad dalle sonorità sicure ed eleganti contornata da riflessioni sull’incertezza emotiva.

Confort music, per esprimere sinteticamente un pensiero: nulla è cambiato in casa Hansard, tutto è posizionato esattamente nello stesso posto in cui lo avevamo lasciato nel 2015. Non è detto che sia un male, per carità, ma è un peccato che lo stesso artista che dal vivo riesce a dare tutto se stesso in studio risulti godibile solo a metà.

(2018, Anti-)

01 Roll On Slow
02 Why Woman
03 Wheels On Fire
04 Wreckless Heart
05 Movin’ On
06 Setting Forth
07 Lucky Man
08 One Of Us Will Lose
09 Your Heart’s Not In It
10 Time Will Be The Healer

IN BREVE: 2,5/5

Catanese, studi apparentemente molto poco creativi (la Giurisprudenza in realtà dà molto spazio alla fantasia e all'invenzione). Musicopatica per passione, purtroppo non ha ereditato l'eleganza sonora del fratello musicista; in compenso pianifica scelte di vita indossando gli auricolari.

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