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Godspeed You! Black Emperor – G_d’s Pee AT STATE’S END!

Nessuno si offenderà leggendo l’affermazione che segue: i Godspeed You! Black Emperor sono la più grande post rock band di sempre. Per longevità, continuità, energia. Per come il post rock lo hanno preso, ormai un quarto di secolo or sono, e condotto per mano in una nuova era, plasmandone una forma nuova che ad oggi è, ancora, loro come di nessun altro. Da quando si sono rimessi in carreggiata – cioè dal 2012, dopo quasi una decade di silenzio – questo G_d’s Pee AT STATE’S END! è il loro episodio migliore. Ciò vuol dire, facendo un semplice due più due, che siamo dinanzi a una delle opere maxime della più alta rappresentanza di un genere. Così, giusto per non creare aspettative.

Ma perché esser parchi, d’altronde? Con i concerti associabili alle sole parole “rinvio” e “rimborso”, i musei ciechi a se stessi, i cinema e i teatri ottusamente e ostinatamente serrati o al massimo utilizzati per celebrare messe certamente più laiche del rituale di un capolavoro – in questo tempo, insomma, un disco è un compagno troppo, troppo importante. Un disco così, lo è ancora di più.

Il viaggio del collettivo, a questa ripresa, comincia da un approccio decisamente – come suggerisce il titolo stesso della composizione – militare. Military Alphabet (five eyes all blind) (4521.0kHz 6730.0kHz 4109.09kHz) è un inno anti-nazionale, un gorgoglio di comunicazioni radio che conduce a una sacra deflagrazione come una “Star Spangled Banner”di hendrixiana memoria, rinnovata. Introduzione perfetta, a volerla chiamar così, per la poderosa Job’s Lament: la traccia più dura del lotto, a segnare con nettezza la direzione rabbiosa della prima parte dell’LP. Le botte continuano, infatti, sulla successiva First Of The Last Glaciers, i cui fiati segnano tuttavia, in coda, una prima speranzosa apertura verso l’avvenire.

Come un fine primo tempo, where we break how we shine (ROCKETS FOR MARY) segna brevemente un’interruzione che conserva, nell’incedere marciante di Fire At Static Valley, lo stesso adagio drammaturgico sinora dipanato. Ci si sente in cammino verso la meta decisiva, l’appuntamento principale del percorso che – infatti – non tarda ad arrivare. Il dittico “GOVERNMENT CAME” (9980.0kHz 3617.1kHz 4521.0 kHz) / Cliffs Gaze / cliffs’ gaze at empty waters’ rise / ASHES TO SEA or NEARER TO THEE è il climax di questa stupenda ora di ascolto, la battaglia fra San Giorgio e il Drago che si risolve, forse anche un po’ inaspettatamente, con la vittoria dell’eroe – con gli ultimi epici cinque minuti di stratificazione sonora e catarsi che sono e sempre saranno il marchio di fabbrica di Efrim Menuck, Mike Moya, Mauro Pezzente e soci.

OUR SIDE HAS TO WIN (for D.H.) è più di uno scorrere dei titoli di coda. È una prima pace, anche se solo apparente, di una traversata immensa di cui nessuno di noi vede la fine, ma in cui tutti noi siamo coinvolti, passo dopo passo. Sono venticinque anni che questi signori e signore ci raccontano la favola della buona notte e ci rimboccano le coperte, tormentandoci anche in sogno per regalarci un abbraccio al risveglio. Venticinque anni di epopee e cavalcate, di straordinaria contaminazione video e ancora più straordinarie performance dal vivo. Venticinque anni di autodeterminazione come più grande post rock band di sempre. E che nessuno si offenda.

(2021, Constellation)

01 Military Alphabet (five eyes all blind) (4521.0kHz 6730.0kHz 4109.09kHz)
02 Job’s Lament
03 First Of The Last Glaciers
04 where we break how we shine (ROCKETS FOR MARY)
05 Fire At Static Valley
06 “GOVERNMENT CAME” (9980.0kHz 3617.1kHz 4521.0 kHz)
07 Cliffs Gaze / cliffs’ gaze at empty waters’ rise / ASHES TO SEA or NEARER TO THEE
08 OUR SIDE HAS TO WIN (for D.H.)

IN BREVE: 4,5/5

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