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Julien Baker – Turn Out The Lights

Esiste una connessione tra le stagioni e le uscite discografiche? Risolto il dilemma sulle persecuzioni musicali dal sapore squisitamente estivo, probabilmente, per alcuni artisti è indifferente che un certo album esca a Maggio piuttosto che a Ottobre. Eppure, Julien Baker con il suo Turn Out The Lights ha un sapore sonoro delicatamente autunnale, come la stagione che lo lancia sul mercato.

Julien Baker, nata un autunno di 22 anni fa a Memphis, avrebbe potuto scegliere se farsi schiacciare dai fantasmi della sua vita passata (omosessualità e cristianità, provate a uscirne vivi mettendo insieme le due cose e crescendo all’interno di una comunità) o se trasformarli in armonie e parole che li descrivessero senza troppi giri di parole: un’unica identità intrappolata tra due mondi che pone le basi per creare un’artista che potrebbe fare la differenza in mezzo all’omologazione che accompagna altri giovani musicisti del suo tempo.

“Turn Out The Lights” è un disco elegante, autentico e ben curato nei dettagli, lo si nota non appena si scorge un rumore di passi che accompagna qualcuno a suonare le prime note del piano di Over. Le tracce, a livello sonoro, sono abbastanza lineari, voce, piano, qualche linea di chitarra; i testi  complessi, arrabbiati, stanchi e disillusi. Una lotta continua tra la sua fede e l’intimità della sua vita privata, come nella title track in cui si chiede il perché per alcuni sia così difficile trovare un aiuto che la maggior parte della gente non deve neanche chiedere.

Connotate da un’intensità non tipica per una ragazza di 22 anni, Televangelist ed Everything That Helps You Sleep sono vere e proprie riflessioni intimiste, mentre “The harder I swim, the faster i sink” urlato nella parte finale di Soul Breathe è l’ennesimo atto di autenticità dell’album. A differenza del primo lavoro di Julien Baker, “Turn Out The Lights” è un album che musicalmente, se ascoltato di sfuggita, rischia di catturare l’attenzione solo inizialmente, forse per colpa di quella standardizzazione che lo fa apparire più come outstanding music che come un lavoro destinato a resistere nel tempo. Gli arrangiamenti sono cambiati, Julien Baker non è più sola con la sua voce e la chitarra: il pianoforte in primo piano, riverberi profondi e malinconici, come gli echi compongono le undici tracce dell’album.

Se, dunque, con “Sprained Ankle” (2016) era lecito scoprire il potere e la bellezza dell’unione tra un suono scarno e una voce malinconica, con tracce lineari, sobrie, spoglie e godibili, con “Turn Out The Lights” – Shadowboxing a parte – il ragionamento è leggermente diverso. La potenza degli arrangiamenti non raggiunge mai un apice di incazzatura vera e propria, arrestandosi sempre sul più bello. Julien Baker avrebbe potuto azzardare suoni un po’ più intensi e ritmi meno quieti, non fosse altro che per non rischiare di sprofondare nella monotonia del cantautorato femminile. Sorte, comunque, da cui è ancora ben lontana.

(2017, Matador)

01 Over
02 Appointments
03 Turn Out The Lights
04 Shadowboxing
05 Sour Breath
06 Televangelist
07 Everything That Helps You Sleep
08 Happy To Be Here
09 Hurt Less
10 Even
11 Claws In Your Back

IN BREVE: 3,5/5

Catanese, studi apparentemente molto poco creativi (la Giurisprudenza in realtà dà molto spazio alla fantasia e all'invenzione). Musicopatica per passione, purtroppo non ha ereditato l'eleganza sonora del fratello musicista; in compenso pianifica scelte di vita indossando gli auricolari.

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