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Kid Rock – Born Free

Dito medio sempre in primo piano. Canottiera bianca (senza macchia di sugo). Collanona d’oro in bella vista sul petto nudo. Pamela Anderson. Ah, il rap. Sono più o meno questi i tratti distintivi di Robert James Ritchie, al secolo Kid Rock, uno che c’ha giocato da sempre con quella immagine – costruita – da ribelle dal cuore di pietra col motto “spacco tutto se non va come dico io”. In realtà anche per Kid Rock gli anni sono trascorsi velocemente e dai suoi esordi nei primi anni ’90 ad oggi, di acqua e musica sotto i ponti ne è passata parecchia. Ormai da un bel po’ Kid Rock aveva fatto intravedere la sua virata verso uno stile e fonti d’ispirazione lontane anni luce da rap et similia. Le sue collaborazioni, qualche brano sparso qua e là, c’avevano già presentato un artista decisamente più incline ad altri territori sonori, un po’ di rock classic, un po’ di country, un certo gusto southern ma sempre con un occhio attento alle hit parade. Questo Born Free, nuovo album in studio del singer americano, conferma e amplifica tutto ciò. Composto durante il tour in Iraq ed Afghanistan approntato da Kid Rock per i militari americani di stanza in Medioriente, “Born Free” è un manifesto di tutto ciò che è l’american style, probabilmente anche a causa dei suoi particolari natali. A partire dalla copertina dell’album: decappottabile, cuoio, pelle, stivaloni, pistole… come a dire “siamo americani, non dimentichiamolo mai”. Musicalmente, le dodici tracce che compongono “Born Free” prendono senza mezzi termini spunto da alcuni dei più noti alfieri della sopracitata “americanità”, da Bruce Springsteen (con le ovvie differenze del caso) ai Lynyrd Skynyrd (con i dovuti accorgimenti dettati dai differenti periodi storici), passando per tutto il campionario di gruppi e cantautori che hanno la bandiera U.S.A. stampata sul cuore. In più, la lunga schiera di ospiti voluti in alcune tracce – vedi Sheryl Crow in Collide, Chad Smith dei Red Hot Chili Peppers alla batteria o l’ex Chavez Matt Sweeney – aggiungono sì un po’ di pepe all’album, ma in fondo non possono che essere presi per quello che sono, ovvero tentativi di attirare l’attenzione su un album che, altrimenti, difficilmente riuscirebbe a colpire (la storia delle hit parade di cui sopra). A che serve, in definitiva, quest’album? A nulla, assolutamente nulla. Ma se avete in programma un coast to coast in Cadillac o una serata con gli amici a tema Stars & Stripes & Hamburger & Ketchup, inseritelo pure nella vostra playlist e ne sarà la colonna sonora perfetta. Senza infamia, ma sicuramente senza lode.

(2010, Atlantic)

01 Born Free
02 Slow My Roll
03 Care (Feat. Martina McBride & T.I.)
04 Purple Sky
05 When It Rains
06 God Bless Saturday
07 Collide (Feat. Sheryl Crow & Bob Seger on piano)
08 Flyin’ High (Feat. Zac Brown)
09 Times Like This
10 Rock On
11 Rock Bottom Blues
12 For The First Time (In a Long Time)

A cura di Emanuele Brunetto

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