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Lana Del Rey – Did You Know There’s A Tunnel Under Ocean Blvd

Søren Kierkegaard, unanimemente considerato il padre dell’esistenzialismo, schematizzava il conflitto tra il desiderio e l’amore attraverso tre stadi: un primo paradigma, chiamato estetico (quello del Don Giovanni di Mozart, che viveva nella moltiplicazione infinita delle sue conquiste), un paradigma etico, quello di chi è dedito alla vita coniugale che diventa e trova la sua persona insostituibile e un paradigma religioso.

Lana Del Rey ha sempre rivolto un’attenzione spiccata al desiderio, svuotandolo dei compromessi moralisti di cui è per sua natura contornato e trasformandolo in una fonte preziosa per capire come cambia e si sviluppa nelle relazioni. Così, testi e interi album (“Born To Die” del 2012 e “Ultraviolence” del 2014 più degli altri) sono diventati strumenti preziosissimi per comprendere come cambiava la sua rappresentazione del desiderio, del godimento e dell’amore. Le relazioni, gli scenari, le storie interpretate da Lana Del Rey per gran parte della sua carriera sono stati passionali, fugaci, vibranti, persino violenti. Il suo paradigma artistico è stato volutamente estetico, seduttivo, quasi mai progettuale.

Did You Know There’s A Tunnel Under Ocean Blvd stravolge tutto. È un disco lungo, confessionale, orientato alla famiglia e alle questioni di natura esistenziale. È il suono di un’artista cui non è rimasto nulla da dimostrare se non esaminare con disarmante chiarezza la propria eredità e mortalità. La sua attenzione si è spostata dal raccontare, o meglio, dal descrivere l’oggetto di un desiderio onirico, che fosse esso un uomo, una donna, un rapporto sessuale, il riflesso deforme di un sogno, ad essere lei il soggetto, l’adulto atterrito dall’essere lei stessa dimenticabile. “Don’t forget me like the tunnel under Ocean Boulevard”, ripete il loop nostalgico della title track. Il potere erratico del desiderio e il carattere monogamo dell’amore si fondono in uno dei passaggi lirici più corporei dell’album: “Fuck me to death, love me until I love myself”.

Coesistono vesti intime come The Grants, Kintsugi e Fingertips che sono lente confessioni atte a rivelare volti, odori, umori, psichiatrie di famiglia, e abiti monacali come Judah Smith Interlude, un sermone del noto pastore statunitense che sembra richiamare il terzo paradigma religioso di Kierkegaard: “I wanna be a man in love, not a man in lust”, ma il fatto stesso di aver delegato l’interpretazione a un soggetto terzo ne sta ad indicare, probabilmente, la distanza. Questa direzione così acustica, gotica e a tratti biascicata dell’album regala un ascolto intimo e vibrante. A&W, traccia più di lunga di tutta la sua discografia, si snoda in sette minuti di folk, trip hop, aspre esplosioni di suono, rapidi cambi di ritmo che restituiscono l’immediata percezione di un testo fatto di nevrosi, traumi e dipendenze. La meraviglia di perdersi nell’alienazione di Candy Necklace/Jon Baptiste Interlude, tra il canto, le risate, le urla e il pianoforte.

“Did You Know There’s A Tunnel Under Ocean Blvd” è una celebrazione della sua profondità emotiva e del suo genio creativo. È un’esperienza che pone Lana Del Rey al centro, mettendo in luce non le sue relazioni o i suoi desideri, ma Lei e la sua crescita personale e artistica. Il risultato è un album intenso che non cade mai in un cliché. “Did You Know There’s A Tunnel Under Ocean Blvd” incarna la realtà, lasciandosi alle spalle l’iconografia per raggiungere un ulteriore, nuovo, stadio di bellezza.

— 2023 | Polydor/Interscope —

IN BREVE: 4/5

Catanese, studi apparentemente molto poco creativi (la Giurisprudenza in realtà dà molto spazio alla fantasia e all'invenzione). Musicopatica per passione, purtroppo non ha ereditato l'eleganza sonora del fratello musicista; in compenso pianifica scelte di vita indossando gli auricolari.

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