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Liars – Mess

messSono dei personaggi a dir poco eclettici i Liars: un po’ nerd, un po’ punk, un po’ antesignani dei novelli hipster, un po’ tutto e un po’ niente. Una difficoltà estrema, dunque, nell’appioppargli l’etichetta giusta, ormai da anni nell’occhio di un ciclone fatto di spunti vari ed eventuali. In realtà c’avevamo un po’ creduto alla svolta à la Radiohead messa in campo nel 2012 con “WIXIW”, perché certe sonorità calzavano – e calzano tutt’oggi – a pennello ai tre newyorkesi. Sembrava quasi l’ideale evoluzione di un percorso sperimentale iniziato ruvidissimo e addolcitosi man mano nel corso degli anni, fino al raggiungimento di un immaginario zenit.

E invece Angus Andrew e soci non riescono a star fermi un secondo, sempre alla ricerca di una dimensione definitiva cui crediamo – a questo punto – non arriveranno mai. Mess, così, cambia ancora una volta le carte in tavola e dopo appena due anni di assenza ci restituisce una band che paga pegno alla propria ennesima passione: l’elettronica. Non quella flebile palesata in “WIXIW” ma qualcosa di più vicino alla dance, declinata in tutte le sue molteplici varianti.

Ci sono, ad esempio, l’andamento industrial di una Pro Anti Anti e la quasi techno del singolo Mess On A Mission, lo scarno EBM di Vox Tuned D.E.D e l’house aliena di Perpetual Village, il tutto accompagnato da incomprensibili lyrics divenute ormai consuetudine per i Liars. Poi rumori in sottofondo, vocii e versi che danno al disco quel tocco di paranoia e malattia necessario in ogni lavoro dei tre che si rispetti.

In mezzo a questo campionario di roba in cui i Liars ficcano dentro ogni cosa gli passi per la testa, spunta poi un brano come Can’t Hear Well, dimostrazione di come anche nella semplicità di un synth e di una voce filtrata i Liars sappiano cavar fuori il ragno dal buco, senza doversi rivolgere necessariamente a strati e strati di suoni e diavolerie. Ed è in episodi del genere, in definitiva, che si percepisce del tutto la qualità di un progetto (non che la cosa fosse in dubbio).

La finale Left Speaker Blown cambia giusto in coda il registro dell’album, rallentando la velocità dei beat e il respiro dell’ascoltatore, chiudendo in discesa la tracklist e firmando l’ennesimo disco sorprendente di una band che ad ogni uscita fa sfoggio – mai presuntuoso – di trasversalità e coerenza artistica.

(2014, Mute)

01 Mask Maker
02 Vox Tuned D.E.D.
03 I’m No Gold
04 Pro Anti Anti
05 Can’t Hear Well
06 Mess On A Mission
07 Darkslide
08 Boyzone
09 Walker
10 Perpetual Village
11 Left Speaker Blown

IN BREVE: 3,5/5

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