[adinserter block="3"]
Home RECENSIONI Mono – Pilgrimage Of The Soul

Mono – Pilgrimage Of The Soul

In circolazione da ormai oltre vent’anni, con undici lavori all’attivo compreso quello di cui ci apprestiamo a parlare, i giapponesi Mono devono essere considerati a tutti gli effetti dei veterani della scena post rock internazionale, con tutti i limiti che un’etichetta del genere comporta. Ovviamente non è solo l’età anagrafica della band a renderli tali, a contare è soprattutto il loro lungo percorso di crescita ed evoluzione che ha seguito (e spesso influenzato) di pari passo l’andamento globale del genere, sulla scia e al fianco di altri campioni come Mogwai, Godspeed You! Black Emperor o Explosions In The Sky, oltre che tutto il parallelo filone post metal.

Oggettivamente il mondo strumentale di cui i Mono fanno parte è un mondo difficile da stravolgere, in cui è davvero complicato non ripetersi e aggiungere sul serio qualcosa di “nuovo”. I Mono per lunghi tratti della loro discografia sono riusciti a farlo, giocando abilmente con le atmosfere prima che con i loro strumenti, slabbrando o sintetizzando all’occorrenza le proprie trame sonore, facendo così centro a ogni nuova uscita. Ultimamente la formazione guidata da Takaakira “Taka” Goto si è un po’ adagiata su se stessa, non tanto per la qualità delle proprie produzioni, sempre maniacalmente ricercate e realizzate, quanto piuttosto nelle intenzioni, in quel volersi costantemente distanziare da quanto proposto in precedenza che è venuto progressivamente meno.

L’ultimo “Nowhere Now Here” del 2019 era stato un po’ il culmine del loro percorso, la summa di quanto i Mono sono in grado di dimostrare nel chiuso del loro studio di registrazione. Pilgrimage Of The Soul segue, dopo appena due anni, la stessa falsariga su cui da qualche tempo lavora la band. I Mono qui flirtano ancora con l’elettronica lambendo in più passaggi l’ambient (vedi Imperfect Things o la prima metà della pachidermica Hold Infinity In The Palm Of Your Hand, con i suoi oltre dodici minuti di durata), poi ci sono i consueti climax alternati che favoriscono il saliscendi emotivo ricercato dai nipponici (in questo senso il crescendo di The Auguries è da manuale) e le sferzate annichilenti cui hanno abituato, quelle che conferiscono ai lavori dei Mono le sfumature nero pece che li caratterizzano.

La produzione affidata a Steve Albini, uno da cui ci si aspetta sempre il tocco illuminante, non incide come avrebbe dovuto/potuto (a parte un certo approccio math che fa capolino qua e là senza però prendere mai il sopravvento), ma nonostante ciò i Mono hanno fatto ancora una volta il loro sporco lavoro, tessendo l’ennesima magniloquente colonna sonora dell’ennesimo viaggio/pellegrinaggio attraverso lande desolate e desolanti. Solo che in questa occasione, per la prima vera volta da quando li conosciamo, la sensazione è di esserci già passati dai territori percorsi nel loro girovagare sonoro. Non un male in assoluto, più che altro un segnale (se preoccupante o meno lo scopriremo nelle prossime puntate) di come qualcosa dalle parti della band inizi forse a scricchiolare.

(2021, Pelagic / Temporary Residence)

01 Riptide
02 Imperfect Things
03 Heaven In A Wild Flower
04 To See A World
05 Innocence
06 The Auguries
07 Hold Infinity In The Palm Of Your Hand
08 And Eternity In An Hour

IN BREVE: 3/5

Nessun commento

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Exit mobile version