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Pigeon Detectives – We Met At Sea

Primavera 2008. Sembra ieri, ma sono già passati cinque anni. MySpace impazzava, la crisi che rovinerà la nostra generazione non era ancora esplosa, i Pigeon Detectives si godevano il loro meritato successo grazie a due ottimi album d’esordio. Nulla di trascendentale, per carità, ma era piacevole avere a che fare con una band che sapeva sfornarti in 12 mesi esatti due dischi freschi e diretti, estremamente orecchiabili e con un livello medio notevole. Poi il lento oblio: pochissime notizie, fino al deludente “Up, Guards And At ‘Em!” (2011) che certificava un pericoloso vuoto creativo. Non era facile raddrizzare la baracca ed in caso di ulteriore flop probabilmente sarebbe convenuto alla band di Leeds un dignitoso scioglimento.

Per fortuna non si dovrebbe arrivare a tanto: il nuovo We Met At Sea, anche se non restituisce la brillantezza degli esordi, ci fa notare (ed apprezzare) il grande impegno profuso per dare alle stampe un buon disco, checché ne dica l’NME (3/10 è cattiveria gratuita, ma la guerra che questo giornale fa ad alcune band è cosa nota). I Pigeon Detectives anche stavolta ripropongono il loro britpop anni 2000 duro e puro, forte di una sezione ritmica figlia del migliore pop rock inglese e della voce sempre grandiosa di Matt Bowman. Balza all’occhio il posizionamento dei due singoli Animal e I Won’t Come Back ad inizio setlist. I brani in questione fanno il loro onesto lavoro: melodie orecchiabili (che non fulminano al primo ascolto ma neanche stufano, anzi piacciono) accompagnate da una produzione ottima che certifica la volontà di rilanciarsi.

La collocazione ad inizio disco dei due estratti scelti per pubblicizzare il nuovo lavoro lasciava presagire il peggio, invece l’album – canzone dopo canzone, ascolto dopo ascolto – convince. Certo, c’è qualche passaggio a vuoto (l’inutile Hold Your Gaze) ma il trittico centrale Light Me Up / Can’t You Find Me / I Don’t Mind ci consegna pop di alto livello. Vero che i ritornelli non sono graffianti come una volta, ma gli assoli ed i riff di chitarra sono più ricercati, l’effetto compensativo ha successo. Resta da chiedersi perché certe band come i Vaccines abbiano un successo mondiale quando altri gruppi fanno la stessa cosa cento volte meglio. Potere degli hipster. Maledetti hipster.

(2013, Cooking Vinyl)

01 Animal
02 I Won’t Come Back
03 Hold Your Gaze
04 Light Me Up
05 Can’t You Find Me
06 I Don’t Mind
07 Day And Month
08 Unforgettable
09 No State To Drive
10 Where You Are

Una malattia cronica chiamata britpop lo affligge dal lontano 1994 e non vuole guarire. Bassista fallito, ma per suonare da headliner a Glastonbury c'è tempo. Già farmacista, ha messo su la sua piccola impresa turistica. Scrive per Il Cibicida dal 2009.

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