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Stephen Malkmus & The Jicks – Sparkle Hard

Quante volte succede di essere scartati (lavorativamente) in favore di persone molto più giovani di noi, magari meno esperienti ma più skillate? È uno dei problemi dell’età adulta, che nel contesto del mercato discografico non implica di certo la ricerca di un lavoro, ma va spesso a braccetto con la ripetitività. Il caso di Stephen Malkmus ha in più l’aggravante di essere stato, con i Pavements, un’icona del rock indipendente degli anni ’90.

Sparke Hard, settimo lavoro in collaborazione con i suoi The Jicks (Mike Clark alle tastiere, Joanna Bolme al basso e Jake Morris alla batteria) fa una certa fatica a brillare forte. Rilasciato a quattro anni di distanza dal precedente “Wig Out At Jagbags” e prodotto da Chris Funk dei Decemberists, l’album è stato anticipato da “Sparkle Hard: The Movie”, una teaser di dieci minuti, in stile cinema verità, realizzato da Brook Linder (già regista degli Spoon e Wolf Parade).

Le undici tracce del disco, che vedono psichedelia, funk, progressive e classic rock vestiti di abiti eccessivamente confortevoli e solo occasionalmente validi, fanno sembrare Stephen Malkmus un adolescente troppo cresciuto. Sarà colpa dell’autotune in Rattler o di Middle America, primo singolo estratto, un tour attraverso alcuni dei suoi migliori brani che non aggiunge nulla di più, o magari di Shiggy che ha le sembianze di un inno da stadio in stile “hard rock”.

Due tracce meritano una riflessione a parte: Refute, con la sua andatura troppo innocua e culminante in un’armonia eccessivamente prevedibile, vede la presenza eccelsa di Kim Gordon, con cui Malkmus aveva già collaborato al tempo di “Kim’s Bedroom”, progetto della bassista dei Sonic Youth la cui versione audio non fu mai messa in commercio. In Bike Lane, il pezzo più minimalista del disco, Malkmus contrappone l’immagine di “un’altra bellissima pista ciclabile” (presumibilmente realizzata a Portland) con la morte di Freddy Gray, l’uomo afroamericano venticinquenne ucciso dai poliziotti di Baltimora nel 2015.

Difficulties/Let Them Eat Vowels è una bella suite di chiusura, stilisticamente variegata e piena e poco noiosa, ma “Sparkle Hard” resta un disco intrigante e di nicchia ma molto al di sotto delle aspettative di cui lo stesso Malkmus si è reso colpevole a sua insaputa. Ma sicuramente a lui questo non interessa poi molto: chi siamo noi per dargli torto?

(2018, Domino / Matador)

01 Cast Off
02 Future Suite
03 Solid Solk
04 Bike Lane
05 Middle America
06 Rattler
07 Shiggy
08 Kite
09 Brethren
10 Refute
11 Difficulties/Let Them Eat Vowels

IN BREVE: 2,5/5

Catanese, studi apparentemente molto poco creativi (la Giurisprudenza in realtà dà molto spazio alla fantasia e all'invenzione). Musicopatica per passione, purtroppo non ha ereditato l'eleganza sonora del fratello musicista; in compenso pianifica scelte di vita indossando gli auricolari.

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