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Sunn O))) – Monoliths & Dimensions

L’incubo Sunn O))) riemerge dalle viscere dell’inconscio come un rigurgito malefico per la settima volta in undici anni di oscura esistenza. Il culto che li ammanta, la fedeltà di uno zoccolo duro di ascoltatori di eterogenea estrazione musicale rende i Sunn O))) addirittura un caso abbastanza singolare. Ostici sin da principio per via d’un estremismo sonoro che rinnegava la furia del metal ma ne acquisiva la malvagia essenza, i nostri sono stati la principale causa del definitivo sdoganamento del drone, riuscendo successivamente in un sublime compito di malvagia copulazione col black metal. Il duo O’Malley-Anderson, a quattro anni dall’ottimo “Black One” torna sulla scena del delitto sfornando quattro composizioni talmente dense che agiscono come degli enormi buchi neri che assorbono la luce (proprio come ben sintetizza la copertina, opera dello scultore minimal americano Richard Serra), senza rilasciare altro che disagio, malattia mentale, sinistre mutazioni emotive. Lo spoken di Attila Csihar in Agartha – nuovamente richiamato dopo l’apparizione in “Black One” – è l’omelia tetra che si insinua tra i pigmenti del cervello mentre successivamente si staglia un cluster di fiati che non riesce a risolversi in una nota ben definita, bensì pare chiosare uno sciame di insetti assetati ed indemoniati. Chi non ha familiarità o nutre anche comprensibili idiosincrasie verso il pianeta Sunn O))) non verrà di certo affascinato da questi quattro affreschi di corruzione spirituale. Totale assenza di appigli ritmici con riff ultra-slabbrati e sviluppati con l’agonizzante lentezza del funeral doom, i tratti distintivi dello stile del gruppo non sono stati accantonati ma sono croce e delizia di questo Monoliths & Dimensions. Csihar continua a declamare dal suo pulpito, Hunting & Gathering (Cydonia) è uno ieratico sermone che fa ribollire il catrame sotto terra, il quale spinge per uscire ed invadere le strade. Il giro di chitarra qui ha un afflato leonino, conferendo così al brano un’anima imperiosa e superba. Big Church divampa come un incendio districandosi su bordoni di chitarra invasi da cori spettrali, quasi raccapriccianti che iniettano un esoterico olezzo al già non troppo confortevole ambiente tinteggiato. Soltanto con Alice il clima muta leggermente, pare quasi che stia albeggiando o stia per emergere un’immensa palla di fuoco pronta a sciogliere i grassi strati di caligine addensatisi sopra le nostre teste durante le tre tappe precedenti. Finale assolutamente inatteso, ma che impreziosisce un lavoro di ottima fattura. Si sente un’ulteriore accessibilità “melodica” nelle strutture dei Sunn O))), se confrontata con l’oltranzismo deviato degli esordi, ma nulla che si possa concedere in pasto a comuni mortali. Chi vuole fare i conti con O’Malley e Anderson faccia appello ad ogni sua forza psichica e spirituale se non vuole rischiare di restare impantanato nel letale acquitrino che, da sotto i piedi, comincia a muoversi in sinuose e malvagie onde.

(2009, Southern Lord)

01 Agartha
02 Big Church [megszentségteleníthetetlenségeskedéseitekért]
03 Hunting & Gathering (Cydonia)
04 Alice

A cura di Marco Giarratana

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