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The Black Keys – Let’s Rock

Tendenzialmente non è mai un buon segno quando una band, dopo qualche passo falso (beh, un passo falso: “Turn Blue” del 2014, che comunque è un signor disco) decide di sbandierare pubblicamente il fantomatico “ritorno al sound delle origini”: significa che le idee scarseggiano, che il cambio di sound ha stancato i propri sostenitori, che insomma ci vuole qualcosa che riconquisti il favore del pubblico e della critica.

Nel caso dei Black Keys, questo non è che sia esattamente vero. Sì, “Turn Blue”, malinconico e ricco di tastiere, non ha raccolto il solito tripudio di consensi da parte della critica, ma il pubblico l’ha fatto arrivare ai vertici delle classifiche. E la svolta nel sound iniziata con Danger Mouse in “Attack & Release” del 2008 (e portata a pieno compimento compositivo con “Brothers” nel 2010 ed “El Camino” nel 2011), era stata tutt’altro che fallimentare – se “Pop” portò imbarazzo e critiche agli U2, “Brothers” ed “El Camino” hanno portato una gloria mai raggiunta per il duo di Akron e hanno fatto dei Black Keys uno dei gruppi rock di riferimento in una scena mondiale dove il rock è visto quasi come un relitto del passato.

No, non è un problema di idee che scarseggiano. Forse è un problema di cercare di riaffezionarsi ai Black Keys dopo anni in cui i tour costanti li avevano resi un fardello, e dopo altri anni ancora nei quali Auerbach e Carney hanno visto che il lavoro in studio da produttori non è poi così male e che lavorare senza il peso di dover essere i Black Keys è quasi rigenerante. Ma la band è pur sempre un qualcosa di estremamente importante per i due.

Ed ecco quindi, dopo cinque anni, questo Let’s Rock, senza Danger Mouse, un “tributo alla chitarra”, così lo ha definito Carney. Viste le premesse, ci si aspetterebbe un album feroce, crudo, fresco come The Big Come Up (2002), o perlomeno qualcosa di rumoroso come “I Got Mine” in “Attack & Release”, ma invece il suono rimane discretamente morbido, estremamente radiofonico (i due singoloni Lo/Hi e Go sono contagiosi e crescono con gli ascolti ripetuti: praticamente perfetti per la radio) e la chitarra, seppur larghissimamente presente, viene usata come uncino iniziale e poi ammorbidita da cori, produzione, mix.

Intendiamoci: chissenefotte quando il suono risulta comunque bilanciato, ben mixato e attraente come in Eagle Birds o Every Little Thing, forse non casualmente le due più “chitarristiche”, o in Sit Around And Miss You. Tutto ciò diventa un problema in pezzi come Tell Me Lies, che parte da un riff banale ma molto asciutto per arrivare a un ritornello da Fleetwood Mac, creando un contrasto sonoro non propriamente piacevole; ma sarebbe un problema superabile se la scrittura fosse efficace. Il vero problema di “Let’s Rock”, è proprio quello: la scrittura, di solito punto di forza a prescindere da qualunque suono scelto, qui è debole.

Intendiamoci: debole per i Black Keys. Parliamo comunque di pezzi che presi singolarmente si lasciano ascoltare ma che nei quaranta minuti dell’album non riescono a incidere in maniera efficace. E allora, con l’ascolto ripetuto, non si può fare a meno di notare che Go, alla fine della fiera, cerca di usare in maniera meno efficace lo stesso espediente di “Lonely Boy” (“Uooo-oh-oh-oh…”) e che il riff di Lo/Hi è vecchio come il cucco e la canzone si regge solo sul “Nobody to love you / Nobody to care” che introduce il ritornello, e che, in fondo in fondo, let’s rock un cazzo, che qua sono tutti pezzi pop abbastanza morbidi.

Insomma no, non era un buon segno il “ritorno al sound delle origini”, non era un buon segno il titolo, non era un buon segno il “tributo alla chitarra”. Un album solido ma banalotto, che manca della qualità di scrittura che è sempre e comunque stata il marchio della band. Quello che sappiamo è che ci mancavano i Black Keys e dopo quest’album ci continuano a mancare. Speriamo per poco.

(2019, Nonesuch)

01 Shine A Little Light
02 Eagle Birds
03 Lo/Hi
04 Walk Across The Water
05 Tell Me Lies
06 Every Little Thing
07 Get Yourself Together
08 Sit Around And Miss You
09 Go
10 Breaking Down
11 Under The Gun
12 Fire Walk With Me

IN BREVE: 3/5

Reverendo Dudeista, collezionista ossessivo compulsivo, avvocato fallito, musicista fallito. Ha vissuto cento vite, nessuna delle quali interessante. Scrive per Il Cibicida da un numero imprecisato di anni che sarebbe precisato se solo sapesse contare.

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