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This Will Destroy You – Tunnel Blanket

Potremmo stare ore (o pagine, nel nostro caso) a discutere della destrutturazione del rock, della valenza lirica di brani privi di una voce e del loro impatto emotivo, tanto totale per alcuni quanto inesistente per altri: in una parola del post-rock, così per come ci viene proposto da fine millennio scorso. Ma sarebbe tutto alquanto inutile, anche perché è ormai chiaro che o lo si ama o lo si odia il post-rock, non ci sono mezze misure nell’ascoltare le band che fanno parte di questo filone geograficamente trasversale. Così come sembrano non avere mezze misure i texani This Will Destroy You. L’omonimo esordio datato 2008 ci aveva presentato il quartetto nei panni della “next big thing” di turno, definiti dai più impressionabili come “i nuovi Mogwai”, essenzialmente per l’uso sconsiderato e aggressivo della chitarra, nel pieno stile degli scozzesi. Nella realtà, chi segue il genere è perfettamente a conoscenza di come le similitudini finiscano per ricadere sempre sugli stessi punti di riferimento, anche quando una band prova a metterci del proprio per distanziarsene. Magari i This Will Destroy You non vi erano riusciti del tutto col loro primo album, inevitabilmente figlio dei propri maestri, ed è per questo che la loro seconda prova sulla lunga distanza assume una certa importanza nella valutazione complessiva e retroattiva dell’esperienza dei texani. Se il post-rock non è già di per sé di facile ed immediato assorbimento, i This Will Destroy You ce la mettono davvero tutta, con questo Tunnel Blanket, per spingere ancora più agli estremi i confini del genere in questione. Ambient-ali, rumoristici, dilatati, i brani che compongono l’ora di durata di “Tunnel Blanket” sono uno sfasciacarrozze sonoro difficile da penetrare, ma che con una facilità disarmante ti entra dentro per sferragliarti lo sterno. Lampi fragorosi, fruscii, vocii e frastuono atmosferico, tutto insieme nelle lunghe suite composte dai quattro texani. I This Will Destroy You hanno fatto proprio il post-rock sfruttandone gli stilemi a proprio uso e consumo, forgiando al contempo questo loro nuovo lavoro con uno stampo unico, indispensabile per allontanarsi – adesso sì – da troppo facili e scomodi paragoni.

(2011, Monotreme / Suicide Squeeze)

01 Little Smoke
02 Glass Realms
03 Communal Blood
04 Reprise
05 Killed The Lord, Left For The New World
06 Osario
07 Black Dunes
08 Powdered Hand

A cura di Emanuele Brunetto

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