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Tyler, The Creator – Flower Boy

Fondatore e membro di spicco della (ormai ex) ODD Future, Tyler, The Creator attraverso il suo collettivo, all’incirca una decade fa, ha indubbiamente cambiato le carte in gioco nella scena. Sono tanti i talenti cresciuti nel gruppo, primo tra tutti Frank Ocean che ha sempre sorpreso per come potesse sentirsi a suo agio in un gruppo in cui la parola “faggot” era all’ordine del giorno. Ancora Earl Sweatshirt, rapper raffinato e il più delle volte sottovalutato, nonché Syd, Domo Genesis e altri.

Ma alla parola ODD Future, è inevitabile, la prima persona che viene in mente è Tyler, The Creator. Non tanto per ragioni meritocratiche, ma perché è l’elemento che più rimane impresso per la sua sfacciataggine, estrosità e la freddezza con cui si era fatto conoscere in “Goblin”, che rimane ancora adesso uno dei debutti più d’impatto per un ragazzino (all’epoca) ventenne.

Flower Boy, come la maggior parte dei suoi precedenti lavori, è quasi completamente autoprodotto. Da questo punto di vista è una buonissima commistione di generi, in cui la ruvidità tipica di Tyler di Who Dat Boy e I Ain’t Got Time! prende le influenze più pharrelliane in Where This Flower Blooms, See You Again e Pothole. L’r’n’b di Syd e il soul di Frank Ocean tornano indirettamente in tracce come Sometimes…, Boredom e November.

Una questione discussa in diversi momenti dell’album è la sessualità: Tyler è sempre stato famoso per l’utilizzo di termini offensivi verso la comunità gay e per i suoi testi è stato spesso accusato di essere misogino e omofobo. Rispecchiando, per alcuni, lo stereotipo della persona che sotto l’omofobia cela la paura di condividere la stessa preferenza: a suo dire già in passato c’erano stati tentativi di rivelarsi, ma non sarebbe mai stato preso sul serio a causa del suo atteggiamento il più delle volte scherzoso o provocatorio.

In Garden Shed, parla di fare coming out, uscendo metaforicamente da un giardino in cui si era nascosto (“For the garden / That is where I was hiding […] Ain’t no reason to pretend”), un sentimento che stava cercando di non considerare, ma che si fa sempre più pesante nella sua mente (“Garden shed for the garçons / Them feelings I was guardin’ / Heavy on my mind”), di come questi sentimenti nati in età adolescenziale l’abbiano costretto a essere ciò che non era nei confronti dei suoi amici, paragonandosi a Frank Ocean (“All my friends lost / They couldn’t read the signs / I didn’t wanna talk and tell ‘em my location / And they ain’t wanna walk / Truth is, since a youth kid, thought it was a phase / Thought it’d be like the Frank; poof, gone / But, it’s still goin’ on).

Come il titolo “Flower Boy” suggerisce, Tyler è meno aggressivo e mostra una rabbia più contenuta verso il resto del mondo. È riuscito a far emergere la parte più interiore, facendo un’analisi introspettiva, su se stesso, sulla solitudine, su alcuni episodi della sua adolescenza.

Essere all’apice della carriera, con una propria linea di moda, un canale, svariate partnership, non importa affatto perché continuerà a sentirsi “the loneliest man alive”, che nasconde i suoi veri sentimenti attraverso l’esuberanza (“But I keep on dancin’ to throw ‘em off”, da 911/Mr. Lonely). Ciò che dovrebbe sorprendere del quarto album di Tyler, The Creator non è tanto il coming out quanto come finalmente si sia spogliato di questa maschera da ragazzaccio e abbia mostrato chi realmente è, sbocciando da boy a man.

(2017, Columbia)

01 Foreword
02 Where This Flower Blooms
03 Sometimes…
04 See You Again
05 Who Dat Boy
06 Pothole
07 Garden Shed
08 Boredom
09 I Ain’t Got Time!
10 911/Mr. Lonely
11 Droppin’ Seeds
12 November
13 Glitter
14 Enjoy Right Now, Today

IN BREVE: 4/5

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