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Il debutto dei The xx e la nascita del dirompente fenomeno Jamie xx

Quante volte ci si è lagnati di come il nuovo millennio – che ormai ha bruciato tanto i suoi anni Zero quanto i Dieci e metà dei Venti – non abbia apportato nulla di apparentemente nuovo all’evoluzione della musica? Eppure a Londra, appena sedici anni fa, qualcosa s’è mossa e a guardarla col senno di poi ha lasciato un’impronta ben marcata su quello che è il presente e probabilmente il futuro dell’indie pop, indie rock, dell’elettronica o quel che è o che si vuole considerare, giusto per rimanere ancorati a (ancora utili?) macro categorie. Il senno di poi ci dice che Jamie Smith, meglio noto come Jamie xx, s’è attestato come uno dei produttori più attenti in circolazione, attento a ciò che gli accade intorno, attento nel lavoro in studio che quando lo coinvolge è sempre certosino, attento a non auto-incastrarsi in propri o altrui schemi ma allo stesso tempo in possesso di un tocco riconoscibilissimo. Che lo ha reso e lo rende ancora richiestissimo.

Ecco, tutto ha avuto inizio proprio sedici anni fa, quando nel 2009 Jamie xx produceva l’esordio dei suoi The xx, creatura condivisa con Romy Madley Croft e Oliver Sim, rispettivamente chitarra e basso ed entrambi voci che s’inseguono e s’accavallano (più il tastierista Baria Qureshi, di lì a poco fuori dal progetto). Con xx è sembrato subito chiaro come l’ibridazione proposta dalla band potesse e dovesse essere la via da seguire per provare a salvare il salvabile di un ambiente, quello cosiddetto “indie”, che ha rischiato di implodere prima ancora di una reale e storicamente tangibile esplosione, ingabbiato com’è stato e com’è ancora oggi in stereotipi revivalistici che spesso non andavano e non vanno ancora oltre lo scimmiottamento dei campioni del post punk.

Quello che fanno i The xx è tanto semplice quanto efficace: prendono le venature più eteree dello shoegaze, certi echi trip hop, bisettrici dreamy e melodie accattivanti e le miscelano con l’r’n’b e le più recenti inflessioni neo soul. Le voci di Romy e Oliver, come si diceva, si alternano nel ruolo di protagonista e molto spesso diventano una sola, regalando all’album quei languori che ne hanno decretato il successo, anche in ambienti mainstream, diventando la vera e propria cifra stilistica dei The xx e di ciascuno dei tre protagonisti del disco. Il lavoro di Jamie fa sì che la chitarra di Romy e il basso di Oliver si fondano in un unico fluido in cui affogano le pulsazioni sintetiche di pezzi come Islands o Basic Space, ma sono i passaggi più atmosferici come l’arcinota IntroInfinity a fungere da colonna portante di un disco che, a soli sedici anni dalla sua uscita, ha già conquistato i galloni di pietra miliare.

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