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Afterhours: 20 anni di Non è per sempre

Dopo la (fortunata, fortunatissima col senno di poi) scelta di mettere da parte l’inglese per cimentarsi con l’italiano, gli Afterhours ri-esordiscono nel ’95 con “Germi” e nel ’97 danno una svolta alla loro carriera con “Hai paura del buio?”. Il disco, che a posteriori verrà considerato il più importante della storia dell’indipendente italiano, è da ritenersi ancora oggi il più rappresentativo della band, perché è da lì che muoveranno i primi passi le sperimentazioni degli Afterhours ed è lì che Manuel Agnelli metterà definitivamente a punto il suo stile di scrittura tagliente e amaramente sarcastico. Quello che non si poteva prevedere era che Agnelli, Giorgio Prette, Xabier Iriondo e Andrea Viti, invece di cavalcare i buoni riscontri ottenuti da “Hai paura del buio?”, avrebbero scelto di cambiare nuovamente rotta per il loro personalissimo addio al ‘900: Non è per sempre, pubblicato il 13 Maggio del ’99, smussa gran parte delle asperità del predecessore facendo chiaramente l’occhiolino al pop, gli archi di Dario Ciffo e Roberta Castoldi alleggeriscono e non poco le trame strumentali della band, con la title track e primo singolo estratto Non è per sempre che ne è la più palese dimostrazione, mentre il lavoro fatto sulle melodie è il più efficace degli Afterhours fino a quel momento e basterebbero le sole Baby Fiducia e Bianca per rendersene conto. Il rapporto conflittuale con la città di Milano, al tempo stesso madre e matrigna, culla e patibolo di Manuel Agnelli e gli Afterhours, è lo sfondo metropolitano dell’intero disco, quando si tratta di percorrerne la circonvallazione esterna su cadenzati rumorismi à la Suicide ma anche quando non viene tirata in ballo direttamente, una sorta di capro espiatorio cui addossare fallimenti e brutture, la Milano del tutto e subito, la Milano dei contrasti cromatici e sociali, la Milano delle feste alla moda e della solitudine alienante, quella Milano che Agnelli deciderà di lasciare (momentaneamente) di lì a poco, per la Bologna dell’amico Emidio Clementi dei Massimo Volume e per quell’India che, vissuta insieme a Mimì, porterà poi nel 2002 agli Afterhours di “Quello che non c’è”. Con la sua contrapposizione tra l’apparente leggerezza musicale e la disillusione, il pessimismo e la malinconia dei testi, l’album sarà l’ideale tunnel attraverso cui gli Afterhours passeranno da un millennio all’altro, ammazzando in un colpo solo tanto gli anni ’90 quanto il decennio precedente protagonista di Non si esce vivi dagli anni ’80, inaugurando così una nuova fase della loro discografia.

DATA D’USCITA: 13 Maggio 1999
ETICHETTA: Mescal

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