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Alice In Chains: 25 anni di Dirt

Nel 1992 gli Alice In Chains hanno alle spalle un paio di EP e un esordio, “Facelift” (1990), che li aveva già resi rappresentanti, insieme ai Soundgarden, della frangia più pesante e metal oriented del grunge. Nel 1992 Layne Staley c’era già dentro fino al collo in quella dipendenza che, dieci anni più tardi, lo avrebbe condotto alla morte. Ed è questo il filo conduttore di Dirt, un album che fin dall’attacco al fulmicotone di Them Bones è una sequenza di schiaffi, pugni nello stomaco e pedate alla schiena: un massacro totale. Staley si auto-condanna in Sickman, in Junkhead e fa propria la Down In A Hole scritta da Jerry Cantrell rendendola il manifesto della sua sofferenza da tossico. Staley e Cantrell si dividono pressoché equamente il songwriting, Layne partorisce alcuni dei passaggi più rabbiosi (vedi Godsmack), mentre Jerry firma, tra gli altri, un pezzo dedicato al padre reduce del Vietnam (Rooster, dal suo soprannome) e quello che sarà uno dei brani simbolo degli Alice In Chains, la Would? primo singolo estratto dal disco nonché cardine della soundtrack di “Singles”, il film cult di Cameron Crowe uscito lo stesso anno. La ritmica di Mike Starr e Sean Kinney è forsennata e non dà tregua, la chitarra di Cantrell alterna riff granitici di stampo hard rock ad arpeggi psichedelicamente polverosi, mentre Staley più che cantare biascica e urla, in un groviglio di imperfezioni che sono lo specchio interpretativo del disco. Il baratro in cui s’immergono gli Alice In Chains con “Dirt” è senza fondo, al contrario del successo commerciale di un album che lancia definitivamente la band nell’Olimpo dei Novanta.

DATA D’USCITA: 29 Settembre 1992
ETICHETTA: Columbia

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