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Iron Maiden: 40 anni di The Number Of The Beast

26 Ottobre 1981: Bruce Dickinson debutta per la prima volta in assoluto con gli Iron Maiden al Palazzo dello Sport di Bologna (oggi PalaDozza). Ex Samson, pilota civile di linea, una laurea in storia (a cui se ne aggiungeranno altre due, una in musica e l’altra in filosofia), una grande passione per la scherma, praticata anche a livello agonistico, fino a sfiorare addirittura la partecipazione alle Olimpiadi, soprannominato (da un hater) “Air Raid Siren” per via della sua voce, pulita rispetto a quella del suo predecessore Paul Di’Anno, ma tanto potente e acuta da far tremare le pareti, Dickinson entrò fin da subito in sintonia con Steve Harris e soci, e la scelta dell’allora quintetto di testare la nuova formazione fuori dal Regno Unito fu tanto rischiosa quanto determinante per comprendere se quella intrapresa fosse davvero la strada giusta.

Da allora furono sufficienti una manciata di mesi, partendo quasi da zero a livello di materiale scritto già in cantiere, affinché, nel Marzo del 1982, vedesse la luce The Number Of The Beast, pochi pezzi calibrati e congegnati in maniera tanto perfetta da entrare nella leggenda, insieme all’iconica copertina, opera frettolosa di Derek Riggs della quale si dichiarerà sempre insoddisfatto, ispirata ad un fumetto di Doctor Strange e raffigurante l’immancabile mascotte dei Maiden, Eddie. Rispetto ai due lavori precedenti la band venne coinvolta interamente nella stesura dei testi (solitamente di appannaggio riservato ad Harris), compreso Bruce, il quale tuttavia non poté essere accreditato per motivi legali, a causa degli accordi in sospeso con il suo progetto precedente.

Nuovi territori esplorativi che coniugavano la velocità tipica del punk al rock progressivo e a passaggi sonori molto più heavy, confezionati su misura per la timbrica del nuovo cantante, e una maggior “coralità” nella realizzazione del disco furono i fattori che contribuirono a rendere inarrivabile la terza fatica del gruppo londinese, evolvendo dallo stile asciutto e underground dei già eccellenti esordi e definendo così tutti quei marchi di fabbrica con cui si distinguono ancora oggi. Non mancano i riferimenti alla letteratura, al cinema e alla televisione, presenti nella pseudo-ballad crescente Children Of The Damned e in The Prisoner, caratterizzata dal tipico passaparola maideniano di guitar riff ad opera della coppia Smith-Murray, e alcuni agganci con il passato rappresentati dalla tagliente 22, Acacia Avenue, continuazione della “Charlotte The Harlot” contenuta nel debut, e la vita da criminale descritta da Gangland.

Si passa per le guerre e i cenni storici della furia vichinga in terra inglese, espressa al meglio dalle chitarre violente di Invaders, e la carica delle percussioni di Clive Burrche scandiscono la battaglia tra i nativi americani e i colonizzatori nella straordinaria Run To The Hills, fino ai brani che fecero più discutere e alimentarono numerose leggende intorno alla realizzazione dell’album, prima fra tutte quella del misterioso incidente stradale accaduto allo storico produttore del gruppo Martin Birch, che si scontrò con un pullman di suore e ricevette subito dopo un conto di 666 sterline dal carrozziere, Hallowed Be Thy Name, che narra le ultime ore di un condannato a morte, e l’immenso incubo Harrisiano The Number Of The Beast, la cui nota intro è recitata da un imitatore di Vincent Price (il cui “price” era davvero troppo caro per le tasche dei Nostri). Essi rappresentano l’apice della creatività espressa dalla Vergine di Ferro, e insieme alle tracce dei successivi “Piece Of Mind” (1983) e “Powerslave” (1984) hanno contribuito ad elevare letteralmente il metal a forma d’arte.

Riusciremo quest’estate a vedere i Maiden proprio là, nella città dove l’ascesa decisiva della band insieme a Bruce è iniziata, con quaranta (e oltre) gradi all’ombra dei portici (come quello del camminamento che conduce al santuario della Madonna di San Luca, 666 arcate precise) e delle torri? Forse, dopo tanto penare, questo è davvero l’anno buono per poter sentire dal vivo, insieme ai loro più grandi successi che hanno cambiato la storia dell’heavy metal, anche l’ultima valida fatica “Senjutsu” (2021).

DATA D’USCITA: 22 Marzo 1982
ETICHETTA: EMI

Studentessa di ingegneria informatica, musicofila, appassionata di arte, letteratura, fotografia e tante altre (davvero troppe) cose. Parla di musica su Il Cibicida e con chiunque incontri sulla sua strada o su un regionale (più o meno) veloce.

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