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Queens Of The Stone Age: 20 anni di Rated R

“Nicotine, valium, vicodin, marijuana, ecstasy and alcohol… c-c-c-c-c-cocaine!”

No, non è una lista della spesa per un party all’insegna della moderazione a casa Homme, ma il “tormentone dell’estate” (Feel Good Hit Of The Summer) con il quale si apre Rated R (“vietato ai minori”). Potrebbe sembrare strano agli storici del rock alternativo, ma Josh Homme dei Kyuss ne aveva piene le palle: la leggendaria band stoner godeva di grande successo di culto e di critica, ma rispondeva a regole molto, molto rigide. No al radio-friendly, no alla contaminazione (vista come una sorta di infezione), musica strettamente heavy. La storia ha dimostrato che rinchiudere in una gabbia concettuale Josh Homme è un esercizio piuttosto futile, difatti i Queens Of The Stone Age vivono della loro liquidità, lasciando la venerazione per gli schemi a chi ne trae giovamento. 

Più compiuto e meglio arrangiato dell’omonimo esordio, “Rated R” fluttua tra hard rock, psichedelia, pezzi in 15/8, punk, ma senza mai suonare come un esperimento, un album incompiuto o persino incoerente; qui riunito con il pericolosissimo Nick Olivieri, suo compare nei Kyuss, al basso, con Chris Goss, produttore dell’esordio e dei Kyuss e leader dei Masters Of Reality, e con l’amico Mark Lanegan (che l’aveva accolto come chitarrista negli Screaming Trees quando si sciolsero i Kyuss), Homme si muove come in un collettivo, lasciando fluire nella musica tutte le influenze di chi si trova a collaborare ma, forse involontariamente, dirige il collettivo verso la meta unitaria di un suono distinguibile nonostante la sua rimarcabile eterogeneità. 

Il successivo “Songs For The Deaf” (2002) avrà un impatto assai maggiore, ma è con “Rated R” che “the new rock royalty have come to claim their throne”come proclamò il New Musical Express nella sua recensione dell’album, venti lontani anni or sono. E in vent’anni non ha perso nulla del suo impatto, dalla citata, ferocissima opening track (benedetta da un cameo del “Metal God” Rob Halford) al capolavoro conclusivo I Think I Lost My Headache, pezzo in tempo dispari che conclude l’album con sette minuti di tormento sonoro affidato ai fiati, passando dalla psichedelica Better Living Trough Chemistry  o dal singolone The Lost Art Of Keeping A Secret, che propone il suono robotico che diventerà marchio di fabbrica dei QOTSA. 

Un “album di droga”, come solevano dire i discografici terrorizzati ai debosciati Rolling Stones di inizio anni ’70, ma con in più la paranoia, l’angoscia e l’ansia con la quale siamo usciti dagli anni ’90. Senza idoli, senza eroi. Beh, quasi.

DATA D’USCITA: 6 Giugno 2000
ETICHETTA: Interscope

Reverendo Dudeista, collezionista ossessivo compulsivo, avvocato fallito, musicista fallito. Ha vissuto cento vite, nessuna delle quali interessante. Scrive per Il Cibicida da un numero imprecisato di anni che sarebbe precisato se solo sapesse contare.

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