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Piano Magic: «Stiamo tornando al punk. Almeno lo spero»

I Piano Magic hanno fatto le cose in grande per il ritorno intitolato “Ovations”. Dodici pezzi perfetti, commoventi, appassionanti che arrivano a due anni dal precedente “Part Monster” e a un anno dall’EP “Dark Horses”. Una band laboratorio i Piano Magic. Una band che il suo leader Glen Johnson ha immerso totalmente nelle pozzanghere grosse del rock inglese. Il Cibicida ha intervistato Johnson, un artista instancabile, artigiano, informatizzato e lucidissimo su ciò che accade nel mondo della musica. Con Glen abbiamo parlato del nuovo disco e della presenza di Brendan Perry come guest star dell’album. Ma anche di internet, di autoproduzione e dell’attuale momento discografico che potrebbe rassomigliare, in qualche modo, a quello del vecchio punk.

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Glen, siete tornati con “Ovations”. Ovazioni per chi o per cosa?
Ci sono molti temi in questo album e anche molti addii. Stavo cercando un titolo che mettesse in risalto il concetto della fine e questo titolo è quello che è saltato fuori. Forse le ovazioni sono per noi, ma fatte da seduti non da alzati.

Nel disco c’è la partecipazione illustre di Brendan Perry e Peter Ulrich direttamente dai Dead Can Dance. Raccontaci della collaborazione…
Sono sempre stato un fan dei Dead Can Dance, sin dal loro primo album del 1984, ma mai avrei sognato che qualcuno di loro partecipasse alla registrazione di un album dei Piano Magic. Era qualcosa di impossibile. Poi però qualche mese fa ho contattato Peter Ulrich via MySpace, chiedendogli se gli sarebbe piaciuto fare qualcosa con noi. Lui mi ha gentilmente invitato a casa sua, dove gli ho fatto sentire qualcosa delle nuove canzoni. Ha accettato. Questo, in sé, sarebbe già stato il massimo per me, ma, chiacchierando, Peter mi ha detto che non sarebbe stato ridicolo contattare Brendan Perry e chiedergli di cantare. Così è andata: ancora attraverso MySpace, incredibilmente Brendan, non solo mi ha risposto subito, ma mi ha detto che trovava la nostra musica stupenda. Da lì abbiamo parlato al telefono e abbiamo concretizzato la collaborazione.

Parli di Brendan Perry con grande entusiasmo. Ma qual è la sua più preziosa qualità musicale?
Che ne dici della genialità? Sembra che Brendan operi su un diverso livello rispetto alla maggior parte dei musicisti contemporanei. Ha davvero standard altissimi, è un musicista eccezionale e un incredibile cantante, e c’è una profonda, profondissima spiritualità che corre attraverso la sua musica che la rende impossibile da ingabbiare in parametri di tempo. È universale.

“Ovations” è un album dalle tinte scure. Le tastiere gli danno questo colore. E la luce dov’è?
Scuro? Non direi. Mi sorprende che tu lo dica. Io invece vedo tantissima luce nei testi e anche humor. Saremo mai come Little Boots? No, proprio no.

L’oscurità si respira in pezzi come “You Never Loved This City”, “The Faint Horizon” e “The Nightmare Goes On”. C’è anche un po’ di elettronica come nei tuoi album solisti. Piano Magic e Glen Johnson da solo: necessità musicali diverse?
Sono un songwriter piuttosto prolifico. Riesco a portare avanti diversi progetti nello stesso momento. Sebbene i Piano Magic siano ciò in cui mi rivedo maggiormente, sono anche il progetto più complicato da gestire. Perché consiste nel mettere d’accordo l’opinione di quattro elementi. Da solo, invece, decido con più facilità e velocità, è normale. Certo, alcune mie musiche non si adatterebbero al mood dei Piano Magic perché troppo sperimentali, troppo elettroniche o più semplicemente perché prive delle caratteristiche che ha il sound dei Piano Magic.

Cambiando discorso, la crisi finanziaria come sta colpendo i musicisti?
La crisi non ci colpisce. Noi abbiamo autofinanziato i nostri dischi per molti anni. È necessario operare nei propri standard economici. Se spendi 600,000 sterline per produrre un album che vende solo 300,000 copie, sei un genio. Sì, certo, ho notato che l’industria musicale “convenzionale” pare essere più riluttante nel dare possibilità. Artisti molto buoni non riescono a trovare un contratto che meritano, però non c’è motivo per non realizzare da sé il proprio disco su una propria etichetta. Credo che per alcuni aspetti stiamo tornando al punk. Almeno lo spero.

A tal proposito, lo scorso aprile hai scritto su MySpace chiedendo una donazione ai fan per realizzare un disco a nome Textile Ranch. Com’è finita?
La gente è davvero gentile alle volte! Troppo gentile, probabilmente. Ho dovuto stoppare le donazioni perché avevo esaurito il materiale con cui fare le tante copertine. Ma sì, il nuovo album di Textile Ranch è finito ed è fermo in posta a causa di un grande sciopero che c’è in Inghilterra proprio adesso. Ripeto, credo si stia tornando ai tempi della DIY Revolution (“la rivoluzione del fai-da-te”, ndr). Io volevo produrre un disco ma non avevo i soldi per farlo, così ho chiesto ai fan un aiuto economico. Ogni album ha una traccia con il nome del “donatore”. Ogni ascolto è differente. Ogni copertina è differente. Le faccio tutte io con le mie mani.

È questo il futuro della musica? Non ti spaventano i tanti clic per il download dei vostri album?
Io non ho mai scaricato nulla. Semplicemente perché la qualità del suono non è buona abbastanza per i miei gusti e preferisco avere in mano il disco “fisico”. Tuttavia, non prego i downloaders. Se loro scaricano qualcosa dei Piano Magic che li ispiri ad uscire e comprare un nostro disco, sono felice. Ma se lo scaricano e poi non comprano nulla né vengono a un nostro concerto, allora non possiamo continuare a fare musica. È lineare. D’altra parte credo sia impossibile regolarizzare il file sharing e fermare qualcuno che lo fa. Bloccare la connessione della gente (come stanno proponendo in questi giorni in Inghilterra) è ridicolo. Così come le droghe, basta legalizzarle e lasciare che la gente decida per se stessa. È una perdita di tempo, soldi e sforzo provare a chiudere un buco nella barca che affonda. Si riaprirà continuamente.

Ultima domanda, di rito per noi. Se ti dico “Cibicida” cosa ti viene in mente?
Suona come un sussurro (whisper, ndr), al contrario.

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