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Flavio Giurato – La scomparsa di Majorana

lascomparsadimajoranaAttorno a Flavio Giurato, nel corso dei decenni, si è creata una sacrosanta schiera di sostenitori disposti ad attendere, con una pazienza stoicamente immutata, l’annuncio sempre insperato di un nuovo disco. Lo fanno per una ragione ben precisa, lontanissima dall’autocompiacimento narcisista di chi ha scoperto, chi prima chi dopo, uno dei tesori indubbiamente più preziosi della canzone italiana. Lo fanno per amore. Lo fanno perché ogni album del cantautore romano, qualunque sia il pegno da pagare in termini di tempo, è una ricompensa proporzionalmente maggiore, un’opera autentica, che resiste alle età e ad ogni crepa rivela la doratura sottostante.

Sono trascorsi sette anni da quando, con “Il Manuale Del Cantautore”, il «figlio di famiglia» più conosciuto del sottobosco musicale nostrano si era rifatto vivo – e in forma smagliante. Oggi, con La scomparsa di Majorana, conferma di non sentire gli anni che passano, mettendo in luce talento ed ispirazione da far diventare verde, bianca e rossa un schiera nutrita di quaquaraquà tanto giovani quanto demedicianamente estemporanei.

Il quartetto iniziale ha un sapore estremamente mediterraneo. Dal sabbioso isolamento di Los Alamos si passa allo splendido arpeggio di Sidi Bel Abbès, che ben ci conduce nell’arsura del Maghreb. Italia Italia è un magnifico rituale, una macumba percussiva e minimale sopra un paese tremendamente complesso, nel quale è semplice sentirsi «normalmente solo». Con Tres Nuraghes è difficile non tornare, per debita associazione d’idee, alla fascinazione ancestrale che la terra sarda ha esercitato in molti, De Andrè su tutti. Non c’è un solo minuto sprecato dentro le stanze di cui Giurato possiede la chiave: I Cavalieri del re è una sorta di anti ninna-ninna, un’anti favola-al-telefono, che si collega alle successive Gatton Gattoni e La banda dei topini nel corpo centrale di un lavoro idealmente tripartito. La title-track, d’ispirazione dichiaratamente sciasciana, è un’ossessiva caccia all’uomo e all’umanità, una perla che ogni professore di letteratura dovrebbe accompagnare alle proprie lezioni in merito, per sollecitare nello studente una risposta empatica ed indimenticata. La follia, il rifiuto, la condanna sono anche temi che ricorrono nella meravigliosa In caso di cura prima e nella canzonatoria, ma commovente-bellissima (non ce ne voglia l’autore) La grande distribuzione poi, che pone sigillo ad un’altra, incontestabile prova destinata – come le precedenti – a un culto riposto in buone, ottime mani.

Flavio Giurato scrive un altro capolavoro italiano, non solamente perché – citando Pasolini – incatenato ad una lingua sfortunatamente poco parlata, ma perché storicamente, sociologicamente geolocalizzato nella teca dei grandi autori di questa nazione. Ci volessero altri cinque, dieci, quindici anni per ascoltarne un altro: ben venga l’attesa, Maestro. Noi siamo qui ad aspettare.

(2015, Entry)

01 Los Alamos
02 Sidi Bel Abbès
03 Italia Italia
04 Tres Nuraghes
05 I Cavalieri del re
06 Gatton Gattoni
07 La banda dei topini
08 La scomparsa di Majorana
09 In caso di cura
10 La grande distribuzione

IN BREVE: 4/5

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