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Manic Street Preachers – Futurology

futurologyPer i Manic Street Preachers il nuovo Futurology (dodicesimo album di una fortunata carriera) rappresenta la chiusura di un progetto musicale iniziato con il precedente “Rewind The Film”, visto che i due lavori in studio erano stati concepiti simultaneamente. Dell’errore di base avevamo già parlato nella recensione di “Rewind The Film”: anziché puntare tutto su un unico album, i Manics hanno diluito la qualità con due dischi sapientemente diversificati dagli arrangiamenti, ma parecchio lacunosi per quanto riguarda la qualità.

Dispiace derubricare il nuovo disco dei gallesi in tale maniera ma la verità è questa, nuda e cruda. Non è un caso che l’andazzo di questo album sia rappresentato alla perfezione dalla title-track: brano ben costruito, ma prigioniero di un ritornello troppo debole per meritare la sufficienza, figlio di una sindrome da “vorrei ma non posso” che accompagna l’ascoltatore traccia dopo traccia.

Pochi gli episodi degni di nota, tutti nella prima parte dell’album: seppur semplice nella sua struttura, l’emozionante The Next Jet To Leave Moscow è l’unico brano del disco che va decisamente oltre la sufficienza, grazie alla sempre formidabile voce di Bradfield e al valido apporto di Cian Ciaran dei Super Furry Animals. Bene anche la raffinatissima Divine Youth e Let’s Go To War, che con le sue sinistre sonorità rimanda per qualche istante la mente a “The Holy Bible”, album di culto della band uscito ormai vent’anni fa.

A voler essere buoni si salvano pure i due singoli (la commerciale ma efficace Walk Me To The Bridge e la teutonica Europa Geht Durch Mirch), ma i problemi seri sorgono andando avanti nella setlist: se inizialmente il disco galleggia dignitosamente, nella seconda parte sprofonda in una banalità a tratti sconcertante. La terribilmente pacchiana Sex, Power, Love And Money si candida ad essere uno dei brani peggiori della sconfinata discografia dei gallesi, e non va tanto meglio con la strumentale Dreaming A City (Hughesovka), buona solo per essere la sigla di un telegiornale (ascoltare per credere). Discorso simile per gli ultimi cinque brani dell’album (tra cui ricordiamo Between The Clock And The Bed, cantata insieme a Green Gartside degli Scritti Politti), che sembrano poter decollare grazie a qualche spunto interessante, ma sprofondano in una sconsolante mediocrità.

Nonostante un ruffiano ed a tratti riuscito maquillage sonoro in versione kraut, il risultato di “Futurology” è dunque negativo: non siamo di fronte ad un disco propriamente brutto, ma dai Manic Street Preachers è lecito aspettarsi molto di più. Purtroppo gli album che non convincono diventano ormai troppi per essere circoscritti a singoli episodi, il tempo scorre inesorabile ed i Manics su disco graffiano sempre meno, sbiadito ricordo dei gloriosi tempi che furono.

(2014, Columbia)

01 Futurology
02 Walk Me To The Bridge
03 Let’s Go To War
04 The Next Jet To Leave Moscow
05 Europa Geht Durch Mich
06 Divine Youth
07 Sex, Power, Love And Money
08 Dreaming A City (Hughesovka)
09 Black Square
10 Between The Clock And The Bed
11 Misguided Missile
12 The View From Stow Hill
13 Mayakovsky

IN BREVE: 1,5/5

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