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The Vaccines – Pick-Up Full Of Pink Carnations

A stare a sentire Justin Young – che dei Vaccines è il leader – questo dovrebbe essere un album profondo, dedicato allo svanire del sogno americano, alla nostalgia dei bei tempi andati, come simbolizza la bella foto di copertina di un parabrezza di un’automobile che lascia intravedere la strada davanti a sé, ma con lo specchietto retrovisore in primissimo piano, sfocato, a simbolizzare uno sguardo a un passato migliore di ciò che verrà. Ma, ad ascoltare Pick-Up Full Of Pink Carnations, ci troviamo davanti al solito album di pop rock fatto di pezzi non esattamente memorabili nei quali l’influenza degli Strokes, dei quali i Vaccines hanno raccolto l’eredità largamente fuori tempo massimo, non fa tanto venire voglia di sapere dove questa loro sesta uscita su long playing vada a finire, ma invece fa ricordare di andare a riascoltare “Is This It” o “Room On Fire”.

La velocità con la quale la cultura pop nasce e muore ha creato dei mostri nel mercato della nostalgia, sempre più fiorente, al punto che “Pick-Up Full Of Pink Carnations”, a prescindere dal presunto tema, correlato, a quanto pare, a quanto narrato da Don McLean in “American Pie”, suona come un album revival del pop rock degli anni ’10, che a sua volta era un momento nostalgia dei noughties e del garage rock emerso nella scena newyorkese, che a sua volta era musicalmente un revival del garage rock e del primo post punk; così facendo, ad ogni passaggio, cadono dei layer di significato – ad essere onesti già molto, molto evanescenti all’esordio della band con “What Did You Expect From The Vaccines?” del 2011 – fino ad arrivare a quest’album talmente scialbo da evaporare immediatamente dopo l’ascolto.

Sempre Young dichiara che il primo singolo Love To Walk Away è quello che all’album ha dato l’impronta all’intero disco, musicalmente e tematicamente, essendo nato il primo giorno di registrazione insieme al produttore Andrew Wells (già collaboratore di un parterre di artisti estremamente vario come Kaiser Chiefs, Meghan Trainor, Jason Mraz, Alvaro Soler, Young The Giant, Adam Lambert, Celine Dion); effettivamente il brano è certamente il migliore del lotto, solido musicalmente e con un ottimo sound. Tuttavia, ciò è molto lontano dall’essere vero per il resto dell’album, blocco sonoro estremamente levigato di pop rock che ripete all’infinito più o meno la stessa struttura (breve riff introduttivo, verso morbido, ritornello esplosivo) fin quando un vero sentimento di nostalgia ci coglie: la nostalgia per quando stavamo ascoltando altro.

2024 | Thirty Tigers

IN BREVE: 2/5

Reverendo Dudeista, collezionista ossessivo compulsivo, avvocato fallito, musicista fallito. Ha vissuto cento vite, nessuna delle quali interessante. Scrive per Il Cibicida da un numero imprecisato di anni che sarebbe precisato se solo sapesse contare.

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