Sì d’accordo la storia è la solita: il post rock ha stufato. Gli strumentali si assomigliano tutti: alti e poi bassi, quasi totale assenza del cantato, deflagrazioni chitarristiche, feedback assordanti, melanconia agrodolce, andamento da soundtrack, un pizzico di elettronica, suite dall’alto minutaggio. Dopo Slint, Mogwai, Tortoise, Gospeed You! Black Emperor e Cul De Sac negli anni ’90, i gruppi che sono venuti dopo – leggasi Mono, Explosions In The Sky, 65DaysOfStatic, Workhouse (solo per citarne alcuni) – hanno seguito le orme in maniera fedele e, in certi casi, quasi manieristica. Il Cibicida, però, vuole spendersi per far trovare un compromesso tra critica, pubblico e storiografia del rock riguardo ad una visione d’insieme del post rock. Ovvero: nel genere quasi tutto emoziona, convince, trasporta emotivamente come pochi altri filoni sanno fare. I brani sono colonne sonore personali, i dischi sono un’esperienza interiore intensissima. E allora sì, è probabile che ormai, in tempi recenti, non “escano” più dischi originalissimi, ma si tratta di lavori che, comunque, riescono a smuovere qualche corda. Certo post rock recente, insomma, non fa parlare di sé per le idee e per la sua originaria anima rivoluzionaria, ma il suo ascolto è la scusa per chiudere la bocca, almeno per un po’. Chiusa la parentesi introduttiva, veniamo a una band che del post rock ne resuscita quasi tutte le caratteristiche originali. I “This Will Destroy You” (nome epico-romatico che sfida il primato degli I Love You But I’ve Chosen Darkness) vengono dal Texas e hanno pubblicato un disco carico di passioni. L’album omonimo This Will Destroy You vive di lentezza, di piccoli accordi che si fanno divorare da grandi aperture elettriche. Vedi la suite d’apertura A Three-Legged Workhorse che da un giro di chitarra si tramuta in una composizione corposa colma di elettronica, tastiera, feedback e polvere da sparo. L’esempio è quello dei connazionali Explosions In The Sky (anche loro dal Texas) e la scuola, come già detto nel lungo incipit di questa recensione, è quella del rock strumentale anni ’90. Dunque tenebrosi silenzi che diventano re del rumore. Porzioni di suono che si snaturano, si dilatano, fanno a pugni contro il vento. E’ questo l’intento dei TWDY: sfidare i cattivi umori, portarli all’implosione, accendere micce. Come in Threads (il pezzo più mogwaiano del disco) dove il cielo si dirada e mostra un po’ di luce grazie anche all’inserto di violini. E poi l’immobilismo si fa corsa, corsa velocissima, senza tregua. Un’epica avventura che finisce in un’accecante esplosione e poi nel silenzio di nuovo. Nulla di originale come più volte sottolineato, nessun “tocco” proprio, un sacco con molta farina d’altri. Ma comunque un album caldissimo per un pomeriggio, diverso, non come gli altri.
(2008, Magic Bullet Records)
01 A Three-Legged Workhorse
02 Villa Del Refugio
03 Threads
04 Leather Wings
05 The Mighty Rio Grande
06 They Move On Tracks Of Never-Ending Light
07 Burial On The Presidio Banks
A cura di Riccardo Marra