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Unknown Mortal Orchestra – Multi-Love

multilove“Ci si sente bene a ribellarsi contro l’immagine tipica di ciò che sia un artista oggi, un curatore. È più essere qualcuno che fa succedere le cose in maniera concreta. [Ri]costruire vecchi sintetizzatori e riportarli in vita, creare suoni che non sono simili a quelli di nessun altro. Credo che sia molto più sovversivo.”

Il concetto era già chiaro con l’eccellente “II”, l’album che, due anni fa, fece fare il botto agli Unknown Mortal Orchestra, ma con Multi-Love Ruban Nielson vuole fare capire a tutti che non scherza, non scherza affatto quando parla di essere sovversivi. Fottendosene di ogni regola del mondo indie e della stampa hipster, Nielson prende le deliziose melodie che ne hanno sinora caratterizzato la musica (insieme al consueto, e magnifico, basso funkeggiante di Jake Portrait) e le inserisce in un contesto nel quale espande all’ennesima potenza le potenzialità dello studio. Un frullatore psichedelico nel quale sintetizzatori, beat dance, sitar, pedaliere di ogni genere e tipo arricchiscono la solidissima struttura, suonando ad un tempo lo-fi e definito, vintage ma estremamente moderno.

È assai arduo avventurarsi a descrivere il suono ottenuto da Nielson senza avventurarsi in un noioso elenco dei diversi mood creati in questo ambiziosissimo progetto. È forse pop? Beh, senz’altro le linee melodiche sono quanto di più orecchiabile si possa trovare in giro: se incappaste in The World Is Crowded o Can’t Keep Checking My Phone, exempli gratia, non potreste fare altro che canticchiare quella fottuta melodia per il resto della giornata. Ma è pop quell’accordo di synth messo in ogni break nella prima? È pop senz’altro il beat quasi italo-dance della seconda, ma lo è altrettanto l’incantabile melodia del verso? La cosa migliore è fottersene dell’analisi, fottersene del qualificare, schematizzare e ascoltare, ascoltare il lavoro certosino, gli straordinari arrangiamenti e gli assurdi break che all’improvviso scombinano l’ascolto, come le trombe quasi da Burt Bacharach che all’improvviso fanno capolino nel ritornello di Necessary Evil, suonate dal padre di Nielson.

“Pensate alle due relazioni più serie che avete avuto sinora in vita vostra, e poi pensate a viverle simultaneamente. Ti fa pensare: emotivamente, quanto può sostenere un essere umano?”

Questa è, sostanzialmente, l’idea dietro “Multi-Love”, un sovraccarico emotivo: ognuna delle canzoni, dietro la leggerezza melodica è carica di tensione, quella tensione positiva derivata dall’innamoramento, dall’emozione. Se ci fosse un altro solo misero elemento in un pezzo preso a caso da quest’album, esploderebbe, ma, nonostante ciò, riesce a rimanere estremamente leggero, anzi, leggiadro. Mancano le lunghe jam che hanno caratterizzato i live degli UMO, che lasciano traccia solo nella meravigliosa Extreme Wealth And Casual Cruelty, nella quale un sassofono e una chitarra, rispettivamente, si permettono di divagare sul tema, altrimenti rigorosamente organizzato, e nella conclusiva Puzzles, rara concessione di Nielson a sé stesso in un break di chitarra acustica.

Nielson costruisce un’opera ambiziosa come quelle “Innervisions” del supremo Stevie Wonder, fottendosene di cosa sia tecnicamente corretto come faceva James Brown, esplorando possibilità sonore e combinazioni improbabili, alzando l’asticella con ogni pezzo successivo e bilanciando tutto ciò in un album che, se c’è una giustizia nel mondo della musica, sarà trattato come un nuovo classico negli anni a venire.

(2015, Jagjaguwar)

01 Multi-Love
02 Like Acid Rain
03 Ur Life One Night
04 Can’t Keep Checking My Phone
05 Extreme Wealth And Casual Cruelty
06 The World Is Crowded
07 Stage Or Screen
08 Necessary Evil
09 Puzzles

IN BREVE: 5/5

Reverendo Dudeista, collezionista ossessivo compulsivo, avvocato fallito, musicista fallito. Ha vissuto cento vite, nessuna delle quali interessante. Scrive per Il Cibicida da un numero imprecisato di anni che sarebbe precisato se solo sapesse contare.

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