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Red Hot Chili Peppers: 20 anni di Californication

La storia dei Red Hot Chili Peppers è sempre stata segnata dagli avvicendamenti nella posizione di chitarrista: nella seconda metà degli anni ’80 era stato Hillel Slovak a segnare il sound della band e, dopo la sua scomparsa avvenuta nell’88, era toccato a John Frusciante raccoglierne l’eredità e incidere in maniera determinante su “Mother’s Milk” (1989) e soprattutto “Blood Sugar Sex Magik”, l’album della consacrazione dei RCHP pubblicato nel ’91. Ma già l’anno seguente le dipendenze del giovane Frusciante l’avevano portato a “uscire dal gruppo”, rovinando una sinergia che sembrava tra le più esplosive dell’intero panorama alternative. Dopo una serie di musicisti assecondatisi nel ruolo, toccò a Dave Navarro (in pausa con i Jane’s Addiction) prendere posto alla sei corde dei RHCP, ma il disco con lui registrato, “One Hot Minute” (1995), ottenne scarsi riscontri e snaturò la dirompente forza funk rock dei RHCP. Anche Navarro venne congedato e quella dei Peppers sembrava così una mesta passeggiata sul viale del tramonto…

A quel punto, però, Frusciante aveva risolto parte dei suoi problemi in una clinica di riabilitazione ed era pronto a rimettersi in pista con gli ex compagni: Anthony Kiedis, Flea e Chad Smith non l’avevano affatto dimenticato, era con lui che avevano dato il meglio e lo ripresero a bordo senza pensarci troppo. È quindi col redivivo Frusciante alla chitarra e col guru Rick Rubin alla produzione (dopo il rifiuto niente poco di meno che di David Bowie) che i RHCP incidono Californication. Il singolo che anticipa il disco, Scar Tissue, è col suo videoclip in heavy rotation dappertutto il manifesto dei RHCP che si apprestano a chiudere col botto il millennio: le bordate crossover dei vecchi RCHP (che tornano prepotenti in pezzi come Around The WorldGet On Top) lasciano moltissimo spazio alle melodie e a riflessioni su quello che era stato il percorso della band, che ne aveva passate di tutti i colori e che per oltre dieci anni aveva corso a 200 km/h senza togliere mai il piede dall’acceleratore e col costante rischio di andarsi a schiantare.

In “Californication” i RCHP decidono di rallentare un bel po’, così brani come appunto Scar Tissue, la title track del disco, Otherside, la malinconia agrodolce di Porcelain o la conclusiva Road Trippin’ con acustica e archi in bella mostra, colgono nel segno e ristabiliscono gli equilibri nelle vite dei quattro, dopo anni di eccessi, perdite, pressioni, crolli e poi risalite, red carpet, milioni di dollari e pacche sulle spalle. L’eroina aveva rischiato di farli fuori, le altre sostanze di velocizzarne la fine, così è nella musica che i RCHP trovano le risposte cercate: Frusciante è in forma smagliante e tira fuori dal cilindro alcuni dei migliori riff della sua carriera (vedi Easily), Kiedis si ricicla abilmente in vesti confidenziali e Flea e Smith dimostrano di essere ancora ampiamente in grado di fare la differenza con il loro groove.

Nonostante – o forse proprio per questo motivo – “Californication” rappresentasse e descrivesse il lato oscuro di Los Angeles e della California tutta, mettendo in luce anche e soprattutto gli aspetti negativi di quel mondo agghindato con milioni di lustrini ma sempre pronto a rubarti l’anima, il disco vendette come mai nessun altro dei RHCP prima (si parla di oltre sedici milioni di copie), spalancando alla band le porte dell’Olimpo del rock. La formula ampiamente melodica messa a punto dai Peppers per “Californication” da quel momento in poi sarà per loro definitiva ma anche tristemente ripetitiva, con i fasti dell’album del ’99 che non verranno mai più toccati. Frusciante, poi, se n’è nuovamente andato.

DATA D’USCITA: 8 Giugno 1999
ETICHETTA: Warner

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