Durante la loro evoluzione i Protomartyr sembrano aver voluto calibrare progressivamente il tiro: partendo dal garage punk di “No Passion All Technique” (2012), gli album successivi hanno costituito le basi per la creazione di un sound in cui si lascia sempre più spazio a strutture sempre più articolate, a ritmiche mai banali, a sfumature noise e all’inesorabile disappunto di Joe Casey che rivanga ostinatamente, e in maniera quasi masochistica, un passato segnato dall’Assenza, causa del suo odierno dolore.
Relatives In Descent è costruito sulla scia dell’album precedente, conservandone gelosamente le atmosfere che fanno da cornice perfetta ai borbottii schietti e lapidari di Casey, che si conferma un paroliere capace di incastrare discorsi arditi in strutture complesse, rendendole allo stesso tempo dinamiche ed efficaci. Tengono ben saldi i loro punti di riferimento, proponendo echi di Bauhaus e The Falls, e in alcuni brani sembrano recitare la parte di un alter ego, più nevrotico e crudele, dei primi Strokes.
Nel complesso, rispetto al predecessore, “Relatives In Descent” suona con meno furore: gli accordi febbrili di A Private Understanding aprono il disco con la consueta critica di Casey verso le “vile trumpets” della società americana che riducono i rapporti interpersonali a meri “accordi privati” tra cittadini; My Children è un cupo delirio in cui vengono sviscerati i rimpianti dell’autore, esaltatati dai sontuosi riff di Greg Ahee; le chitarre delle strofe di Caitriona sembrano voler ricordare “Reuters” dei Wire mentre Don’t Go To Anacita dipinge uno spaventoso ritratto della società retrograda e neo liberista americana in cui “their God is such a strange, vindictive beast / He only blesses those who prosper”.
Night-Blooming Cereus accende una timida luce in uno scenario così tetro, un lento crescendo in cui Casey recita sommessamente i suoi versi che si fondono in una suggestiva esplosione finale; per concludere la band suona Half Sister che chiude il disco con la frase “she’s trying to reach you”, palese rimando al testo di A Private Understanding.
Il sound dei Protomartyr non ha subito drastiche modifiche rispetto al “The Agent Intellect”, le chitarre di Ahee sono sempre le stesse, le strutture non sono mai banali e sempre ben articolate, e Casey recita la sua disperazione con le sue consuete timbriche monolitiche.
Eppure qualcosa è cambiato. La sintassi resta identica ma viene continuamente arricchita da nuove intelligenti soluzioni sonore, che rendono i loro lavori diversi da scolastiche interpretazioni post punk, e i testi di Casey giocano un ruolo determinante nell’economia del disco: sono versi potenti, senza peli sulla lingua, figli di un immaginario dannatamente pessimista ma allo stesso tempo sospinti dalla volontà di dissentire, di dire a gran voce cosa ci sta sfuggendo di mano.
(2017, Domino)
01 A Private Understanding
02 Here Is The Thing
03 My Children
04 Caitriona
05 The Chuckler
06 Windsor Hum
07 Don’t Go To Anacita
08 Up The Tower
09 Night-Blooming Cereus
10 Male Plague
11 Corpses In Regalia
12 Half Sister
IN BREVE: 3,5/5