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Hip Pop: dalle strade alle classifiche, l’ascesa del genere nell’analisi di Luca Roncoroni

Come siamo arrivati qui? Come ha fatto una cultura nata per strada, nelle feste di quartiere della periferia di New York, a diventare il trend musicale più importante del terzo millennio? Oggi l’hip hop è diventato pop. Che non vuol dire peggio, e nemmeno meglio. È semplicemente alla portata di tutti, più di tutto. Ci sono stati artisti, gruppi, crew, collettivi ed etichette che l’hanno reso possibile.

Che l’hip hop fosse destinato a trasformarsi nella nuova musica popolare è un qualcosa che già dai suoi primi vagiti era intuibile, ma nessuno poteva immaginare un predominio così importante da un punto di vista sia artistico che di mercato. Luca Roncoroni, già redattore per Sentireascoltare, analizza il processo sin dall’inizio, in un affascinante viaggio che parte da Eric Burdon che parlotta in metrica in un pezzo degli Animals del 1968 fino ad arrivare alla trap che domina incontrastata gli ascolti dei giovanissimi.

Roncoroni non si dilunga in analisi sul fenomeno hip hop in sé – che sarebbero state superflue e ridondanti, data la larghissima disponibilità delle stesse sul mercato – dando solo delle coordinate base al lettore al fine di orientarsi e procedendo poi con dei nodi chiave nella storia del crossover con il rock, per poi lanciarsi in tre ardite monografie di tre capisaldi della “pop-izzazione” del genere (Eminem, Kanye West, Kendrick Lamar), in delle analisi di genere (crunk, trap, grime), per concludere con un mini saggio sulle ambizioni letterarie di alcune frange dell’hip hop italiano.

Lo stile di scrittura è fluido, interessante e adeguato anche per il lettore meno “sgamato” (seppur si lasci andare al “for members only” in alcuni passaggi dell’analisi del fenomeno Yeezy): Roncoroni si fa leggere e le monografie sono interessanti, appassionate e ricche; difficile trovare una migliore sintesi della carriera di Kanye che non si lasci andare all’insulto gratuito né all’agiografia. Perde invece un po’ di slancio la narrazione quando si sposta in Italia, sarebbe stato interessante leggere un approfondimento più intimo di ciò che lo Stivale ha e ha avuto da offrire; discorso che si può estendere al capitolo finale dedicato all’incrocio tra rap e letteratura e, ancora una volta, alla sua declinazione italiana, che lascia il lettore desideroso di saperne di più.

L’analisi è completa, ma (scientemente) lascia fuori tanto: mancano ad esempio gli anni ’90 e un intero movimento che ha portato in classifica e al multiplatino pezzi hip hop e/o r’n’b (per fare solo alcuni esempi: Montell Jordan con la sua “This Is How We Do It”, Luniz con “I Got Five On It”, i Fugees, Puff Daddy e la sua interminabile sequela di banalità, l’imbarazzante Vanilla Ice pur citato più volte), manca il breakout dell’hip hop italiano in classifica (“Aspettando il Sole” di Neffa e i Messaggeri della Dopa, gli Articolo 31 di “Così com’è”, Piotta e molti altri esempi). Ma è evidente come questa sia una scelta per evitare che il libro si trasformi in un mattone, focalizzando la narrazione e mantenendo il discorso circoscritto e non troppo dispersivo – la mutazione dell’hip hop in hip pop e non la contaminazione hip hop nel pop da classifica – e soprattutto mantenendo l’analisi più o meno inedita senza sforare troppo nel “già sentito”.

Insomma, quel che manca non pesa troppo e magari un secondo volume di questa piacevole analisi potrebbe sopperire; nel frattempo Hip Pop – Metamorfosi e successo di beat e rime rimane una buona lettura sia per chi conosce i fenomeni narrati, sia per chi si trovi per la prima volta ad approcciarsi al genere.

Editore: Arcana
Anno prima edizione: 2018
Pagine: 224
Prezzo di copertina: 16 Euro
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Reverendo Dudeista, collezionista ossessivo compulsivo, avvocato fallito, musicista fallito. Ha vissuto cento vite, nessuna delle quali interessante. Scrive per Il Cibicida da un numero imprecisato di anni che sarebbe precisato se solo sapesse contare.