
C’è sempre un riflesso luccicante sulla superficie di uno strumento musicale. La schiena di una chitarra appoggiata s’un letto riflette qualcosa a un certo punto del pomeriggio. Forse la sagoma di Alan Sparhawk nel giorno in cui ha dovuto seppellire la moglie Mimi. È un profondissimo Novembre del 2022, a Duluth. Alan con una giacca nera e una camicia sdrucita, le scarpe lisce ma sporche di pioggia, a lasciarsi cadere pesante sul materasso. Due anni complicatissimi, la fine di un mondo. Quello personale e quello musicale, con la conclusione inevitabile dei Low, la band che era nodo tra lui e Mimi, un nodo inestricabile con la voce dell’uno a contenere il controcanto dell’altra (e viceversa). Alan riprende a suonare nel 2024 quando torna con un disco, “White Roses, My God” (qui la nostra recensione), che però è l’onda lunga del dolore. Suoni compressi, quintali di elettronica scura. Il disco sperimentale di un uomo non ancora pronto. Poi il 2025, ed ecco Alan Sparhawk With Trampled By Turtles (qui la nostra recensione), un opposto si potrebbe dire. Un disco di luce, di vita, di suono, come certe albe a Duluth. Ed è da qui che partiamo per questa chiacchierata con Sparhawk. Da questa domanda.
Alan, “White Roses, My God” e “Turtles” sono il tuo chiaroscuro?
Sì, non intenzionale, ma sì. Sono dischi molto diversi. Il primo è oscuro, nascosto, catartico ed è partito dalla voglia di sperimentare con i suoni, l’improvvisazione e con una “nuova voce”. Il secondo è chiaramente più collaborativo, basato su pezzi che c’erano già e sull’immediatezza del suonare in un gruppo come i Turtles. Possiamo dire che “White Roses, My God” è stato realizzato mentre stavo ancora urlando, Turtles è come il primo respiro successivo, quando ho cominciato a comprendere cosa fosse successo.
Dopo la morte di Mimi, c’è stato anche un solo secondo in cui hai pensato di lasciare la musica?
Non credo. Avevo molta paura, e ne ho ancora un po’, ma la musica è casa mia ed era la nostra casa, mia e di Mimi. E poi sono circondato da amici che condividono la stessa casa.
Tra questi i concittadini Trampled By Turtles, fondamentali per la tua nuova fase. Quanto c’è di Duluth in questo disco? Esiste un “suono di Duluth”?
Conosco questi ragazzi fin da quando hanno iniziato, poi sono diventati amici. Qualche volta io e Mimi ci siamo uniti a loro sul palco e loro hanno fatto cover dei Low. Infatti l’idea di registrare qualcosa insieme era nei nostri pensieri da anni. Io adoro i Turtles, hanno costruito una band meravigliosa e i loro fan hanno davvero delle belle vibes. Non so se esista un “suono di Duluth”, Duluth è una piccola città, la scena musicale è ristretta, ma forse tutti noi condividiamo la sensazione di provenire da un luogo fuori dai sentieri battuti: silenziosamente ambizioso, originale e indipendente. Tutti enfatizziamo il buon songwriting e forse un piccolo trauma al limite dell’oscurità.
C’è del miracoloso in quello che avete fatto, ho letto che il disco è venuto fuori praticamente in un giorno.
Sì, i ragazzi dei TBT sono abituati a lavorare velocemente e immaginare velocemente l’arrangiamento di una canzone. Durante le session stavamo tutti insieme, in cerchio, e quando suoni e registri in collettivo il processo può essere molto veloce. Ci vogliono solo persone giuste e buone canzoni.
Alcune di queste erano nei cassetti dei Low da anni. Riprenderle in mano che effetto ha avuto su di te e sul gruppo?
Abbiamo sentito il peso e la bellezza di ciò che la musica stesse facendo e da dove stesse provenendo. I ragazzi sono stati molto rispettosi nei confronti di questa musica, anche loro conoscevano Mimi, quindi non c’era bisogno di parlarne. Mi hanno dato tanto spazio per capirla e hanno dato tutto in ogni canzone.
“Screaming Song” è un pezzo memorabile, a mio avviso una delle canzoni più belle del disco. Il momento in cui il violino entra urlando è pura emozione e rivelazione. Che rapporto hai con le tue emozioni?
Sono cresciuto abbracciando le mie emozioni, non penso di averle mai soppresse in modo malsano. Il dolore e la perdita possono davvero aprire quelle terminazioni nervose e renderti fragile e molto ricettivo alla sottile melodia della vita. Le cose che contano davvero diventano potenti e significative, le altre solo uno spreco di energia.
Quanto c’entra la fede in tutto questo? “Heaven” è un pezzo che hai riformulato rispetto al primo disco, rendendolo una specie di classico folk che parla di spiritualità, di paradiso. Un luogo in cui Mimi suona e canta?
Non lo so. Ho avuto fede e ho creduto nella mia vita, e sono grato per come ciò ha plasmato le mie scelte e la mia prospettiva, ma qui e ora posso solo dire che non lo so. Vorrei poter credere che Mimi mi parla e che so dov’è, ma sono ancora scioccato dal modo in cui una persona possa essere lì e subito dopo non esserci più. È stata una sfida.
A proposito di sfide, che tipo di musicista è Alan Sparhawk oggi? Senza la simbiosi con Mimi e senza il “guscio” dei Low?
Probabilmente non lo saprò mai fino in fondo. Mimi è stata una grande forza stabilizzatrice nella mia vita, quindi ho dovuto giocoforza apportare alcune modifiche. Adoro suonare qualsiasi tipo di musica con altri musicisti. E adoro cantare, anche se ci è voluto del tempo per ritrovare la voce.
Stai portando l’album in tour, che set bisogna aspettarsi?
Negli ultimi mesi ho suonato la maggior parte dei brani e mi sento piuttosto bene. A volte siamo solo io e mio figlio Cyrus, a volte abbiamo un batterista, a volte Dave dei TBT si unisce a noi al banjo.
Ultima domanda: cosa avrebbe detto Mimi di questo album? Le sarebbe piaciuto?
Non sarebbe stata contenta di me che dico “fuck” in una delle canzoni, ma avrebbe capito perché è lì. Amava la buona musica ed è cresciuta ascoltando folk e country, quindi penso che avrebbe amato questo disco. Le piacevano le cose belle e so che sarebbe stata felice di vedermi fare musica con i nostri figli e i nostri amici. Sì, avrebbe voluto io continuassi a scrivere e cantare belle canzoni.