Home INTERVISTE Bugo: «Il Paese è Reale è tutto un bluff!»

Bugo: «Il Paese è Reale è tutto un bluff!»

Bugo è Bugo, non ci sono paragoni. Musicista sfuggente, dai mille volti, prima folk, poi rock ora dance con l’album “Contatti” che lo ha reso ancora più unico nel panorama italiano. E Bugo è ironico, ma rivendica la sua serietà. E’ elastico, ma si irrigidisce quando le cose gli danno fastidio. Aveva la corona in testa in una vecchia copertina, ma lui stesso si è spodestato. Era un cantautore, ma si è messo a ballare. Perché? ”Perché le definizioni sono come i libri di storia: noiose”.

Bugo, sei tornato a Catania (il 19 settembre) a un anno dal Festival delle Radio Universitarie. Quella è stata la festa del nuovo modo di approcciarsi alla musica. Quello della svolta digitale…
Beh, io sono cresciuto con i vinili, sono del ’73, e quindi ho potuto vedere bene il passaggio generazionale del supporto. Mi rendo conto che i ragazzi oggi sono meno disposti a spendere soldi per la musica, che non è così importante come una volta. Come vivo questo fenomeno? Con tranquillità. Non voglio salvare nulla perche non è detto che sia sbagliato quello che c’è oggi.

Col file-sharing i negozi di dischi stanno chiudendo…
Eh sì! Mi ricordo quando stavo al mio paese, vicino Novara, mi facevo un’ora di motorino per andare in un negozio a vedere le novità. Purtroppo il mercato è questo, però non lo si deve combattere. Il punto è che a perdere dei soldi sono soprattutto le multinazionali. E sono le multinazionali che stanno creando l’ansia e la paura nella gente. Non sono Bugo o Jovanotti a dire di non scaricare la musica. Abbiamo quello che ci meritiamo, questo è il mio pensiero.

Pensi possa esistere il musicista senza il disco?
Certo! Per me il musicista non è il disco. Fosse per me neanche li farei i dischi, quello che mi interessa è fare musica dal vivo. Quindi chi è cresciuto sviluppando le proprie capacità live, continuerà senza problemi. Andare a vedere i concerti è un piacere per tutti, è una pratica che non morirà mai. Ci sono un sacco di artisti che ti buttano in faccia il fumo del disco e che poi dal vivo non funzionano, non esprimono niente. Quindi vedo un futuro senza più dischi, ma non senza musica live.

La crisi è finita, l’ha detto Tremonti…
Non posso e non voglio fare discorsi politici, perché non mi hanno interessato soprattutto per quello che faccio con la musica. La politica è tutto un parlare, ma nessuno dice la verità. “C’è crisi” non è una canzone ironica come si pensa. Sembra che Bugo debba essere per forza sarcastico, in realtà sono gli altri che vogliono che io lo sia. Anzi quel pezzo l’ho scritto in un periodo difficile della mia vita. Forse pare ironica perché è molto vitale, perché è musica leggera. Se l’avessi fatta alla Baustelle mi avrebbero preso per il nuovo Francesco Bianconi, ma purtroppo è sempre stato così per me, anche quando cantavo “Casalingo” che non aveva nulla di sardonico, anzi era lo specchio di un momento in cui ero veramente stanco. Giudicare in fretta una persona non va bene, bisogna valutarla nella sua interezza. E’ come se io dicessi Riccardo Marra è una persona solo simpatica, no! Può essere invece anche una persona pensierosa, seria, etc. Io non capisco le definizioni, non mi interessano, non voglio essere definito, voglio essere indefinibile e sfuggente. Perche? Perche tutti un po’ lo siamo. Io ad esempio non so definire bene mio padre nonostante sia la persona che conosco meglio nella mia vita. Non mi interessano le etichette, sono come i libri di storia: ti danno date noiose, non dicono niente, non fanno riflettere, e soprattutto sono una forma di potere.

“Contatti” è un disco molto elettronico. E’ dipeso dai tuoi ascolti del momento?
Non sono un grande ascoltatore di musica, ne ascolto tanta ma a pezzi. Non ho mai ascoltato un disco intero dei Beatles, mi annoio. Passo velocemente dai Beatles all’hip hop a Battisti. I dischi mi stufano, non ne ho in casa, così come non ho uno stereo e non ne voglio avere uno. Tanto con la rete posso ascoltarmi qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Quindi non sono stati gli ascolti che mi hanno portato alla musica elettronica. La maneggiavo anche in passato ed è quello che ascoltavo a tredici anni, nei primi anni ’80, quando passava una musica dance favolosa. “Contatti” è il tentativo di scappare via dal precedente suono, molto rock, molto Giorgio Canali, di “Sguardo Contemporaneo”. Mi son detto: “voglio provare a fare un disco molto elettronico” e infatti in “Contatti” non ci sono chitarre, neanche una! E’ stata una scelta estetica, non concettuale. Le canzoni che ci sono dentro sono sincere al pari di quelle di “Sentimento Westernato”, non c’entra nulla la chitarra acustica o il folk, io sono sempre lo stesso con vestiti diversi.

Quanto è stato importante per il disco Stefano Fontana?
Stefano è arrivato un po’ a giochi fatti, avevo già composto tutti i brani al pc nei primi mesi del 2007. Poi l’ho chiamato e gli ho detto: “Stefano ho bisogno di qualcuno che mi dia una buona spinta dance”, e lui ha fatto il suo davvero molto bene.

Ti sarebbe piaciuto partecipare a “Il Paese è Reale”?
Assolutamente no! Pensa che già prima de “Il Paese è Reale” ero stato chiamato dal direttore di XL per partecipare alla copertina di Febbraio con tutti i musicisti italiani, ma ho rifiutato. Non voglio far parte di nessun gruppo, mi agita far parte di gente che si lamenta che non viene mandata dai media. Boh, credo quello lì sia stato un modo non artistico ma giornalistico di procedere. I giornalisti hanno strumentalizzato quei musicisti convincendoli del fatto che nessuno li cagava. Ed è una cazzata! Perché in copertina c’erano Il Genio che con “Pop Porno” sono andati in radio molto più di me! C’erano i Baustelle, i Subsonica. Parlando de “Il Paese è Reale”, poi, io non avrei partecipato assolutamente. Anzi è mancata l’occasione, ma gli avrei detto a Manuel: “non capisco perché ti stai lanciando in sta roba! Fai le tue cose e pensa solo a quello, no?”.

Agnelli è sempre stato un po’ un “aggregatore”…
No, non c’entra! Penso che il suo obiettivo era diventare ancora più famoso. E’ inutile che diciamo che lo fa per aiutare le band giovani, secondo me i gruppi che ha portato dentro a “Il Paese è Reale” sono stati strumentalizzati, non aiutati. Attenzione oh! Io critico Manuel in quanto grande fan degli Afterhours e in quanto protagonista di tre “Tora! Tora!”. So che potrà suonare fastidioso quello che dico, però non si può dire sempre bene di tutti. Non facciamo come i motociclisti in tv che si fingono tutti amici, hai presente Valentino Rossi? Amico con tutti e di tutti. Invece bisogna parlare di queste cose, per creare un confronto, una crescita artistica e non solo un grande lamentarsi. Con quel Sanremo, gli unici che ci hanno guadagnato sono stati gli Afterhours. Hanno fatto più concerti, hanno chiuso un sacco di festival tra cui l’Italia Wave che ho fatto anche io…

* Foto d’archivio

A cura di Riccardo Marra