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Il Teatro degli Orrori: Catastrofismo consapevole

Il Teatro degli Orrori è di nuovo in città col suo carrozzone infuocato. Due anni di attesa e il secondo atto si chiama “A Sangue Freddo”: per la band veneta l’ennesimo attacco al mondo. Ne hanno per tutti, contro tutti, con Pierpaolo Capovilla, il leader un po’ Nosferatu un po’ Carmelo Bene degli anni Zero, a masticare canzoni che parlano di tempi bui e di quell’inferno in terra chiamato Italia. La nuova performance rock viaggerà per lo stivale in un tour che toccherà anche Catania, il 5 Marzo ai Mercati Generali. Abbiamo discusso del nuovo album proprio con Capovilla.

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Pierpaolo, in “A Sangue Freddo” il Teatro sembra rallentare un po’ il suono. Insomma, meno “carrarmatorock” e più riflessione a voce bassa. Volevate tirare un po’ il fiato dopo “Dell’Impero delle Tenebre”?
Non mi pare sia così… “A Sangue Freddo” è un degno successore del precedente “Dell’Impero delle Tenebre”, e rappresenta la sua continuazione. Certo, abbiamo cercato di fare un disco più classicamente rock, meno spigoloso, più attento ed affine alla forma canzone. Credo si tratti di una questione di crescita.

In questo senso, con cosa avete cominciato al momento di entrare in studio?
Abbiamo speso trentatré giorni alle Officine Meccaniche, e tre giorni al Nautilus per la masterizzazione. Volevamo un disco più maturo, più intelligibile, anche più facile se vuoi. Non credo ci siamo riusciti, ché la nostra natura di rockettari incalliti è qualcosa che prende sempre il sopravvento…

Nella title track parli dell’attivista nigeriano Ken Saro-Wiwa, ci racconti di come hai conosciuto la sua storia e come si potrebbe rapportare questa nella nostra Italia?
Ricordo perfettamente il giorno in cui lo hanno ucciso. E ricordo che piansi. Ci tenevo tanto a scrivere una canzone su di una figura così bella ed importante. Il nesso con l’Italia? L’Agip. Quando sento i nostri politici al governo parlare di respingimenti degli immigrati, con la scusa vetusta di “aiutiamoli in casa loro”, mi viene in mente l’Agip, che nel Delta del Niger produce greggio infischiandosene dell’ambiente e dei sacrosanti diritti di decine di milioni di persone.

In “A Sangue Freddo” ci sono diversi riferimenti: da Celentano a Majakowskij, da Pino Daniele a naturalmente Carmelo Bene. Cosa li tiene tutti assieme?
Ogni citazione è meditata attentamente, e vuol essere qualcosa che aggiunge senso alla narrazione. Evocazioni e metafore contribuiscono al messaggio.

Il teatro degli orrori della politica italiana è arrivato al colpo di scena: Berlusconi ferito a Milano. Un attacco al potere? Un tuo pensiero sull’argomento…
Credo che abbia ragione il Rolling Stone. Berlusconi è una rockstar, perché si comporta come tale. La sua mania, di bagnarsi nella scarsa folla che lo circonda durante i suoi comizi, sempre pieni di rabbia e livore politico, è sciocca. Son vent’anni che questa compagine politica semina discordia nel paese. Berlusconi dovrebbe stare più attento. Non può attendersi solo applausi, mi sembra evidente…

In “Direzioni diverse” inizi con la frase “ti prego ascoltami”. È uno dei problemi di questo paese, l’incomunicabilità o magari la comunicazione deviata?
Esattissimo.

In un’intervista hai detto di avere “una coscienza catastrofista”. Ma non c’è proprio luce alla fine del tunnel?
Catastrofista consapevole. Ma in realtà sono ottimista e fiducioso: cambieremo questo paese, e lo faremo insieme.

La musica è un appiglio? Cosa ti ha insegnato in tutti questi anni?
La buona musica è sempre stata e sempre sarà un fattore di progresso. Per quanto riguarda me stesso e la mia vita, suonare e scrivere canzoni hanno reso la mia esistenza costantemente progettuale. Penso sempre a ciò che farò, domani e dopodomani e l’anno prossimo. Tutto ciò rende la mia vita più degna d’esser vissuta, e ringrazio il cielo per avermi dato questa voglia di fare e di dire.

Siamo alla fine della prima decade dei 2000 e già si tirano i primi bilanci. Ti va di proporne uno sulla tua carriera e sul paese?
Mi fai delle domande davvero molto impegnative. La mia carriera è stata, passo dopo passo, in continua crescita. Lo devo a me stesso e a coloro che hanno lavorato con me ed in me hanno creduto. Se con One Dimensional Man ho fatto un migliaio di concerti e attirato non so quanta gente verso un tipo di rock intransigente e contemporaneo, con Il Teatro degli Orrori sono riuscito a raggiungere il cuore di chi ci ascolta. Il Paese… è peggiorato: l’Italia è diventata un paese immensamente più brutto, egoista, ed ignorante. Me ne dolgo, e nelle mie canzoni cerco di descrivere questa deriva.

Il disco come oggetto sta scomparendo. Ti dà fastidio che le canzoni del Teatro galleggino negli iPod dei ragazzi in mezzo a chissà quant’atra musica di altro genere?
Non è un problema. Anzi. Scomparisse definitivamente il supporto plastico, non sarebbe che un bene per l’ecologia del mondo. Perché il problema dell’ecologia è il primo dei problemi di questo momento storico. Non dimentichiamoci dell’ambiente, perché ad esso è legato il futuro dell’umanità. Resto un nostalgico del vinile, ma questo è sentimentalismo.