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Nouvelle Vague: «La new wave? Guardava al futuro»

nouvellevagueintervistaLa new wave negli anni ‘80 fu un momento fondamentale per il rock: morto il punk spirato dopo una’esistenza breve e bastarda, band come Cure, Joy Division e Bauhaus abbandonarono la rabbia dei 70s per scrivere musica colma di oscurità e inquietudine. Partono dalla new wave e la riscrivono i Nouvelle Vague (la traduzione è presto fatta). A partire dal 2005 con l’album omonimo d’esordio, Marc Collin e Olivier Libaux, i due musicisti francesi titolari del progetto, hanno “coverizzato” alcuni grandi brani del movimento in versione bossa nova (ennesima traduzione di onda nuova), donandogli una nuova vita soft grazie anche a un’equipe di delicate cantanti transalpine. L’ultimo capitolo della loro saga è “NV 3”: fra le cover di Collin e Libaux canzoni di Depeche Mode, Talking Heads e Simple Minds. Ce ne ha parlato proprio Marc Collin.

Marc, qual è la scelta che sta dietro alle cover di “NV 3”?
Devo dire che la selezione è dipesa del tutto dalla bellezza di quelle canzoni e del loro songwriting. Abbiamo scelto tra le migliori band di quella inimitabile era musicale che è stata la new wave. Non necessariamente erano le canzoni che ascoltavamo di più in questo periodo.

Rispetto al passato avete mutato il suono. Sembra che la bossa nova non sia più la vostra priorità…
In effetti la bossa nova era l’idea principale che stava dietro al primo album. Poi con “Bande à part” abbiamo provato a cambiare direzione avvicinandoci ai suoni caraibici e alle colonne sonore. Per “3” invece la voglia è stata quella di andare a bussare al sound tradizionale dell’America con il country e il bluegrass.

Cosa ti manca di più della new wave?
No, non rimpiango nulla, non ci crederai ma non sono un nostalgico. Posso solo dire che è stato un momento eccezionale grazie al grande numero di band dall’immenso talento e ai tanti album epocali che ne sono venuti fuori. Era musica votata al futuro, ecco forse era questa la vera particolarità del movimento a differenza di oggi che si guarda solamente al passato.

Musicalmente fu il trionfo delle tastiere e dell’elettronica. Una risposta agli anni ‘70, la decade della chitarra elettrica?
Non credo possa definirsi una risposta, anzi i sintetizzatori che arrivarono negli anni ‘80 erano uno sviluppo della decade precedente solo più economici e più facili da usare. Io avevo un synth Arp 2600 degli anni ‘70 e posso dirti che non era assolutamente facile da programmare!

Che ne pensi del movimento della new wave revival di inizio Duemila? Intendo band come Interpol, Franz Ferdinand, Editors, Horrors, etc.
Inizialmente odiavo quella roba perché pensavo fosse comunque meglio ascoltare le band che hanno creato il sound originale negli anni ‘80. Ora riesco ad apprezzare quella musica anche perché in effetti alcune tra quelle band sono davvero di alto livello, prendi i Gossip.

In “NV 3” in mezzo ai brani new wave avete optato anche per il punk dei Sex Pistols. Come mai?
Sì è vero, ci piace fare le cover anche di successi del punk. Nel primo album ad esempio abbiamo riletto anche i Dead Kennedys e i Clash. Per questo disco abbiamo scelto quel pezzo dei Pistols perché è una sorta di inno del movimento punk e anche perché era divertente immaginarlo senza la rabbia del tempo.

Nel vostro disco Martin Gore (Depeche Mode) e Ian McCulloch (Echo and the Bunnymen) si trovano nella strana condizione di essere ospiti nelle loro canzoni…
Sì è vero. Sono comunque rimasti assolutamente contenti della nuova vita dei loro pezzi! Oltretutto non avrebbero voluto prendere parte al progetto perché le nostre versioni gli piacevano così com’erano: assolutamente prive di spirito di imitazione. Ci siamo sforzati di fare qualcosa di totalmente diverso e personale.

Ma i Nouvelle Vague suoneranno mai canzoni originali?
Mai probabilmente, ma chi lo sa…