Home INTERVISTE Three Second Kiss – “Punk-rock e basta”

Three Second Kiss – “Punk-rock e basta”

Ottobre 2008: Sono stati parecchi gli eventi significativi intercorsi nella vita/carriera dei Three Second Kiss negli ultimi cinque anni… il passaggio dalla Slowdime alla Africantape, l’addio alle pelli di Lorenzo Fortini e la sua sostituzione con Sacha Tilotta, un lungo periodo di silenzio e poi il ritorno discografico con il loro ultimo lavoro “Long Distance”. Di tutto ciò, di math-rock e di scena indipendente Il Cibicida ha discusso virtualmente con Sergio Carlini e Sacha, rispettivamente chitarra e batteria di una delle poche band italiane che hanno fatto centro fuori dai nostri confini.

Domanda: Si parla spesso, anche a sproposito, di math-rock riferendosi alla vostra musica. E’ solo una assonanza di chitarre taglienti o c’è dell’altro in questa corrispondenza fra il genere musicale in questione ed i Three Second Kiss?
Sergio: Per esperienza ti posso dire che la pigrizia porta a creare un parallelo tra il suono di una band e la sostanza delle sue composizioni o dell’approccio generale. E allora spesso accade che TSK vengano ricondotti – solo per il loro suono tagliente – in generi precostituiti come il math-rock, quando invece la nostra attitudine non risponde a nessun canone, ma abbina solo passione e fisicità secondo un’estetica radicale e diretta che potresti chiamare generalmente punk rock. Non so cosa sia esattamente il math-rock, sono sempre stato scarsissimo in matematica, quando la maestra mi chiedeva di fare di conto io scappavo per paura di sbagliare.
Sacha: Quando si parla di Three Second Kiss, sono sempre più convinto che l’unica dicitura corretta per la musica della band sia post punk… niente di più… niente di meno…

Domanda: Molti dei gruppi che lavorano con Steve Albini affermano che il suo pregio maggiore stia nel lasciar fare alle band, provando a captarne l’essenza primaria. I Three Second Kiss cosa hanno chiesto nello specifico ad Albini quando hanno cominciato a lavorare su “Long Distance”?
Sacha: Steve non e’ un produttore… e’ semplicemente un tecnico del suono… a lui chiediamo esclusivamente di tirare fuori il suono della band, niente di più, niente di meno… con tutto ciò che ne consegue… sai, quando ti guardi allo specchio ti rendi davvero conto dei tuoi pregi ma anche dei tuoi difetti, e non è sempre una cosa facile per un gruppo fare questa scelta di produzione radicale.

Domanda: “Inexorable Sky” e “V Season” sono il binomio più “estremo” (se possibile) dell’album, posto al centro di “Long Distance”. E’ stata una scelta precisa quella di inserirle una di seguito all’altra nella tracklist?
Sergio: Nella musica dei TSK non riesco a vedere punte estreme a dispetto di parti più assimilabili. Lo sento più come un flusso continuo. Quei pezzi si trovano lì perché la band ha deciso che nel fluire del nuovo lavoro “Long Distance” quelle erano le posizioni ideali. Ma vanno bene anche spostati in altre posizioni… ogni brano alla fine è intercambiabile e crea un’atmosfera diversa se spostato nella tracklist. Non diamo troppo importanza a questo aspetto. E’ solo che il confezionamento del prodotto, aimè necessario, impone una precedenza.
Sacha: Il testo che ho scritto per “Inexorable Sky”, mi è stato ispirato dal crudo romanticismo della poesia di George Byron; l’incalzare della metrica mi sembrava perfetta per la ritmica del pezzo…

Domanda: Come avete assorbito il cambio di label da Slowdime ad Africantape? Ha influito sul vostro modo di lavorare?
Sergio: Assolutamente no. Una label non influisce nel nostro modo di lavorare che ovviamente cambia con il tempo ma solo seguendo i cambiamenti delle nostre vite e delle nostre esperienze. Il disco era già pronto e Africantape è arrivata subito dopo con il suo interessamento nei confronti del gruppo e della sua musica. In una label cerchiamo una famiglia, degli amici, cerchiamo empatia e condivisione. Così era con Slowdime finché è durata, così è oggi con Africantape.

Domanda: Per Sergio: La differenza d’età con Sacha ha portato all’interno della band elementi nuovi in quanto ad influenze ed esperienze “diverse”?
Sergio: Gli equilibri sono completamente cambiati, Sacha ha portato un’iniezione di freschezza e di potenza che forse io e Massimo stavamo perdendo col tempo. Ripartiamo oggi con la forza della nostra esperienza passata ma con lo spirito di una band che possiede la spinta propulsiva di un esordio, e questo lo dobbiamo sicuramente a Sacha.

Domanda: Stati Uniti, Europa ed Italia: sono tre realtà che, da musicisti, conoscete molto bene. Quali sono le differenze più incisive fra i tre diversi tipi di palcoscenico?
Sergio: Non vorrei deluderti ma oggi non vedo più tante differenze come in passato. La globalizzazione ha investito e appiattito anche il comportamento della gente. Non prendermi per nostalgico, mi limito ad osservare cosa succede. Fino ai primi anni del 2000 ho notato sicuramente un atteggiamento più curioso e stimolante nel pubblico americano rispetto a quello italiano. Una maggiore professionalità dei club nell’organizzare gli show, un maggiore coinvolgimento scevro da intellettualismi ma molto vicino allo spirito originario della musica punk. Oggi trovo che tra Europa, Italia e Stati Uniti, non ci sia una differenza marcata, nel bene e nel male. Il rock è un linguaggio comune che si sprigiona dal computer e dal lettore mp3. Il rock è un lessico diffuso ma è tristemente diventato entertainment molto più di un tempo e la gente lo consuma e lo vive nello stesso modo, in ogni latitudine. Come i jeans che porti in questo momento. Scommetto che si vede la fascia delle tue mutande come per qualsiasi altro ragazzo di Oslo tanto quanto di San Francisco.

Domanda: In che stato credete si trovino le realtà “indipendenti” in Italia?
Sergio: Non saprei proprio… ce ne sono ancora così tante da giustificare una realtà? In alcuni casi è più un giro di amici che fa incidere i propri amici. In altri forse c’è ancora della passione autentica… ma conosco davvero poco l’ambiente indipendente autoctono per poterne parlare con competenza. Da quello che ho visto è piuttosto un circolo chiuso e monotematico. Sono troppo vecchio per comprendere od entrare in queste cose.

Domanda: Ultima domanda di rito: se vi dico “Cibicida”, cosa vi viene in mente?
Entrambi: La migliore webzine di musica nel mondo!

Il Cibicida ringrazia sentitamente 🙂

* Foto a cura di Maria Vittoria Trovato

A cura di Emanuele Brunetto