Home RECENSIONI A Tribe Called Quest – We Got It From Here… Thank You...

A Tribe Called Quest – We Got It From Here… Thank You 4 Your Service

Non capita tutti i giorni che un gruppo che ha fatto la storia dell’hip hop e della golden age ritorni (quasi) improvvisamente con un nuovo lavoro. Altri tentativi del genere ci sono stati, ma il rischio maggiore è sempre quello di fallire nel cercare di rimanere rilevanti, non cambiando il proprio stile, vivendo di rendita e facendo affidamento solo sull’eredità lasciata.

Persino colleghi come Jay Z e LL Cool J, che non hanno mai abbandonato del tutto la scena, non sempre sono riusciti ad adeguarsi al cambio di tendenza e a far aderire il proprio stile a quello contemporaneo. Ma non gli A Tribe Called Quest. Persino dopo la scomparsa prematura di Phife Dawg, lo scorso Marzo, il suo spirito continua a riecheggiare vividamente in tutto questo We Got It From Here… Thank You 4 Your Service grazie ai suoi fedeli compagni: Q Tip, Muhammad e Jarobi.

Dopo il grande contributo dato al genere fra l’85 e il ‘96, si pensava che la reunion del 2006 fosse l’ultima possibilità per vederli assieme e godere di un loro nuovo album. Già a partire dal titolo, gli ATCQ ringraziano che ci sia ancora qualcuno che ascolti ciò che hanno da dire e si percepisce la forza irrefrenabile e l’esigenza di dover ancora dire qualcosa, di non poter stare al di fuori della scena senza dare la propria opinione in un anno che si è dimostrato essere, come non accadeva da tempo, di grandi cambiamenti.

L’album è uscito 48 ore dopo l’elezione di Trump ed è permeato dalla frustrazione provata dal gruppo. Sin dall’apertura con The Space Program, sulle difficoltà della comunità afroamericana e sull’oppressione delle minoranze:  “It’s time to go left and not right / Gotta get it together forever. They planning for our future / None of our people involved”. Ancora in We The People, brano altrettanto politico: “All you black folks, you must go / All you Mexicans, you must go / And all you poor folks, you must go / Muslims and gay, boy, we hate your ways / So all you bad folks, you must go”. Il gruppo ancora una volta non ha paura di esporsi, religiosamente, attraverso l’afrocentrismo alla base della Nation Of Islam di cui anch’essi (insieme a Mos Def, GhostfaceKillah, Ice Cube, etc.) fanno parte, infine politicamente, facendo delle minoranze la forza spirituale dell’America.

I Quest chiedono il supporto di chi con loro ha contribuito a dare una nuova direzione al genere, le “vecchie” reclute André 3000, Busta Rhymes (che ritrova finalmente le sue origini ), Consequence, Talib Kweli. Senza farsi mancare le nuove: Anderson .Paak, Kendrick Lamar e i più inaspettati Jack White ed Elton John. Poi un piccolo ma significativo cameo di Kanye West nel ritornello di The Killing Season (“They sold ya, sold ya, sold ya”), un gioco di assonanze in cui sold diventa  “soul” ed ancora  “soldier” (“thank you for your service” è anche la frase dedicata ai veterani di guerra): “It must be killing season on the menu strangefruit / Whose juices fill the progress of this here very nation”, chiaro riferimento alla straziante “Strange Fruit” divenuta nota con Billie Holiday.

Melatonin e Dis Generation riportano agli arbori dance dell’hip hop. Nella seconda vengono omaggiati coloro i quali, secondo gli ATCQ, hanno saputo portare avanti l’eredità da loro creata, artisti come Joey Badass, Earl Sweatshirt, Kendrick Lamar e J Cole (“They are extensions of instinctual soul”). Lo stesso capita in Kids, in cui ancora una volta i Tribe mostrano la loro apertura mentale e fiducia nelle nuove generazioni, non cadendo nell’errore di vivere nel passato e nel ricordo nostalgico dei bei tempi passati che non torneranno più. The Donald e Lost Somebody sono dedicate al defunto Phife Dawg, la prima con l’aiuto di un Busta Rhymes che quasi ne prende il posto, da sempre quinto membro nascosto del gruppo.

“We Got It From Here… Thank You 4 Your Service” non ha una collocazione temporale, potrebbe essere stato registrato ai tempi di “People’s Instinctive Travels And The Paths Of Rhythm” o successivamente con “The Love Movement”, ha la forza di un album classico già al primo ascolto e allo stesso tempo avanguardista. Anche in questo caso Q Tip, oltre a rimanere lo storico produttore del gruppo, si attesta come uno dei migliori Master Of Ceremonies, con versi sempre più complicati e profondi. I Quest riescono ancora a essere maestri per le nuove generazioni, non facendo dimenticare le origini di quel movimento che sarebbe stato poi denominato hip hop.

(2016, Epic)

01 The Space Program
02 We The People…
03 Whateva Will Be (feat. Consequence)
04 Solid Wall Of Sound (feat. Busta Rhymes, Elton John, Jack White)
05 Dis Generation (feat. Busta Rhymes)
06 Kids… (feat. André 3000)
07 Melatonin (feat. Marsha Ambrosius, Abbey Smith)
08 Enough!!
09 Mobius (feat. Consequence, Busta Rhymes)
10 Black Spasmodic (feat. Consequence)
11 The Killing Season (feat. Kanye West, Talib Kweli, Consequence)
12 Lost Somebody (feat. Katia Cadet)
13 Movin Backwards (feat. Anderson .Paak)
14 Conrad Tokyo (feat. Kendrick Lamar)
15 Ego (feat. Jack White)
16 The Donald (feat. Busta Rhymes, Katia Cadet)

IN BREVE: 4,5/5