Home RECENSIONI André 3000 – New Blue Sun

André 3000 – New Blue Sun

I swear, I Really Wanted To Make A “Rap” Album But This Is Literally The Way The Wind Blew Me This Time. Lo giuro, avrei davvero voluto fare un album “rap” ma questa è letteralmente la maniera in cui mi ha soffiato il vento stavolta. Questo dice l’amabile André Benjamin, in arte André 3000, o almeno questo è il titolo che André ha dato al primo brano del suo primo album solista. Novanta cazzo di minuti di flauti, sintetizzatori e tastiere, brani di dodici, tredici minuti in cui non un beat si affaccia, non una singola parola viene proferita, né dal nostro rapper del cuore né da nessun altro essere vivente o sintetizzatore vocale che sia, né Alexa o Siri.

Mentre il popolo aspetta un seguito a “Idlewild” (2006), la metà più esuberante degli Outkast fa quello che generalmente fanno gli artisti: il cazzo che gli pare. “La cosa più André 3000 che André 3000 potesse fare”, dice qualcuno e, mentre si ascolta questo tappeto sonoro (difficilmente etichettabile “spiritual jazz” come si è visto altrove) non si può che ammirare la libertà di spirito di uno dei più grandi artisti della storia dell’hip hop, bestemmiando contemporaneamente in ogni lingua del sistema solare.

Ciò che troverete in New Blue Sun non è musica sgradevole, né tantomeno brutta. Allo stesso tempo, nonostante i contributi di Carlos Niño, Nate Mercereau, Surya Botofasina e altri, il focus è chiaramente molto labile; mentre in alcuni passaggi piccole frasi sonore si ripetono ossessivamente, facendo quasi pensare a un campionamento, in altri vaga senza meta, in maniera quieta e gentile, ariosa e spaziosa.

Il disco è un disco ambient, né più e né meno, con tutto ciò che la definizione comporta – e non è nulla di intrinsecamente brutto. Certamente dignitoso, altrettanto certamente mai rivoluzionario, l’esordio di André 3000 è sicuramente un’espressione di libertà artistica encomiabile (mentre gli dei dell’Olimpo si chiedano cosa hanno fatto di male per sentire tali improperi loro rivolti), ma fidatevi se vi diciamo che chi ne tesse le lodi e sbrodola complimenti, non degnerebbe di un secondo ascolto i primi due minuti del primo brano se l’autore fosse Pippo 2500 invece che la divinità responsabile di “Aquemini” e “Stankonia”.

E se il termine, ormai desueto, poser mal si presta a qualificare un artista che, come nel suo più sacrosanto diritto, fa la musica che più gli aggrada fare, sembra sicuramente più centrato per chi abbocca, hook line and sinker, e definisce capolavoro un dischetto che può serenamente stare accanto ai CD di suoni di balene in amore sullo scaffale della roba che non mettereste neanche per sbaglio.

2023 | Epic

IN BREVE: 2,5/5

Reverendo Dudeista, collezionista ossessivo compulsivo, avvocato fallito, musicista fallito. Ha vissuto cento vite, nessuna delle quali interessante. Scrive per Il Cibicida da un numero imprecisato di anni che sarebbe precisato se solo sapesse contare.