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Beyoncé – Lemonade

lemonadeBeyoncé, si sa, non ha bisogno né di presentazioni né di promozione. Dopo il successo dell’omonimo album del 2013, lanciato nel cuore della notte senza aver prima destato alcun sospetto, utilizza la stessa strategia per questo Lemonade, rilasciato in esclusiva per la piattaforma Tidal, di proprietà del marito. Marito al quale è indirizzato l’album, che sa tanto di sassolino nella scarpa che la Regina del Pop voleva togliersi da tempo e che fa capire, senza mezze parole, che ne sono passati di anni da quando la relazione con Jay-Z sembrava idilliaca.

Ogni brano merita per un motivo o l’altro attenzione, sin dall’apertura con Pray You Catch Me, che introduce la sofferenza e il sospetto d’infedeltà che accompagneranno l’intero lavoro. Segue Hold Up, prodotta da Diplo ed Ezra Koening (Vampire Weekend) che si uniscono di nuovo per creare una lenta base reggae, in cui Beyoncé mostra una totale devozione nei confronti del marito anche a costo di risultare folle. In Don’t Hurt Yourself predomina il basso di Jack White con un sample preso in prestito dai Led Zeppelin (“When The Levee Breaks”): è la canzone più d’impatto, con parole che hanno già fatto scalpore per il tono con cui Beyoncé si rivolge al marito accusandolo di vari tradimenti, la tristezza viene meno lasciando spazio all’aggressività, accompagnata da uno degli strumentali migliori dell’album (”I smell that fragrance on your Louis V boy […] Who the fuck do you think I is? / You ain’t married to average bitch boy / You can watch my fat ass twist boy / As I bounce to the next dick boy / And keep your money I got my own […] If you try this shit again / You gon’ lose your wife”).

Suoni caldi e tipici del Sud per Daddy Lessons, con Beyoncé che ripercorre l’infanzia in Texas: ”Daddy made me fight / It wasn’t always right”, dedicata al padre/coach, suo manager fino al divorzio con la madre, rendendosi conto di come forse abbia voluto ricercare nel marito la stessa forza e lo stesso temperamento del genitore. Arriviamo a Sorry: tanto si è speculato su chi potrebbe essere laBecky with the good hair” citata nel testo, dove Becky è il nome utilizzato nel ghetto per definire lo stereotipo della ragazza bianca di buona famiglia che riesce ad ammaliare grazie a capelli lunghi e lisci, in antitesi ai classici capelli afro. Sandcastles è il pezzo più struggente, Beyoncé paragona il suo matrimonio a un castello di sabbia, costruito con fatica negli anni ma per distruggere il quale è sufficiente un’onda, allo stesso modo in cui si è sgretolato il rapporto col marito a causa delle promesse non mantenute. In coda al brano ecco Forward, interludio di James Blake che con la sua voce eterea è perfetto nel condividere e trasmettere il messaggio.

Freedom è, insieme alla conclusiva Formation, la traccia cui è affidato il messaggio politico, con l’intento di rappresentare un inno di potere per le donne di colore. Nel visual compaiono le madri di Michael Brown ed Eric Gartner: in un periodo in cui ogni artista afroamericano si sente quasi in dovere di portare avanti la battaglia (che dura da più di qualche album) contro la brutalità della polizia verso la propria comunità, anche Beyoncé non sorprende. La scelta del featuring ricade ovviamente su Kendrick Lamar, che con la sua strofa è in grado di alzare lo standard del brano.

Degni di nota sono la voglia di osare maggiormente rispetto all’album precedente e soprattutto il coraggio nello scrivere lyrics così personali, una sorta di confessione in cui Beyoncé si mette completamente a nudo, a prescindere dalla sensualità che la contraddistingue: si mostra vulnerabile come non mai, non è più la Beyoncé star internazionale ma una qualsiasi ragazza che vive quotidianamente gli alti e bassi del suo matrimonio.

(2016, Parkwood / Columbia)

01 Pray You Catch Me
02 Hold Up
03 Don’t Hurt Yourself (feat. Jack White)
04 Sorry
05 6 Inch (feat. The Weeknd)
06 Daddy Lessons
07 Love Drought
08 Sandcastles
09 Forward (feat. James BLake)
10 Freedom (feat. Kendrick Lamar)
11 All Night
12 Formation

IN BREVE: 4/5

Consulente ed ingegnere, ma prima ancora “music addicted”. Da sempre con sottofondo musicale a far da colonna sonora della mia vita.