Home RECENSIONI Crippled Black Phoenix – (Mankind) The Crafty Ape

Crippled Black Phoenix – (Mankind) The Crafty Ape

Della mestizia post-rock degli esordi non resta che un alone sbiadito. Fuggiti Geoff Barrow (Portishead) e Dominic Aitchinson (Mogwai), forse presaghi di ciò che sarebbe venuto, a Justin Greaves (già batterista degli Electric Wizard) e soci non è rimasto che perseverare sulla strada intrapresa col doppio “The Resurrectiuonists / Night Raider” del 2009. Il passo intermedio si è compiuto con “I, Vigilante”, emozionante e carico di pathos, dava più spazio a influenze pinkfloydiane e a squarci di inattesa potenza, anche se qualcosa rimaneva fuori fuoco. Certo è che una “Troublemaker” non la si scrive tutti i giorni. Anno 2012, i Crippled Black Phoenix si ripresentano con un (Mankind) The Crafty Ape ambizioso e dalle sonorità complesse, quattordici brani divisi in due tomi. Timbri psichedelici tra le chitarre calde, si sente quasi scoppiettare la legna nel fuoco e l’aria è satura di aromi coriacei. Le soluzioni non sono cervellotiche, eppure il flusso è prog allo stato puro. Ci sono sempre i Pink Floyd dietro l’angolo (l’assolo di The Heart Of Every Country è uno spudorato fraseggio alla Gilmour), ma il piglio è sontuoso e gli arrangiamenti sono architettati per sottolineare la netta virata verso tonalità hard-rock: Laying Traps è, per i canoni della band, un assalto all’arma bianca con tanto di citazione morriconiana lanciata nella mischia. Rifrazioni autunnali d’un certo goth-rock albionico si propagano da Operation Mincemeat, con gli Anathema più ispirati sullo sfondo. A Letter Concerning Dogheads osserva da lontano l’apocalisse degli Swans, Release Clowns è un blues deforme alla nitroglicerina. Rimanda ai Sigur Ròs la placenta sonica di We Will Never Get Out This World Alive, Born In A Hurricane è scossa da impulsi primordiali. Pur a voler essere pignoli e a ricercare con la lente d’ingrandimento il pelo nell’uovo, “(Mankind) The Crafty Ape” non accusa segni di cedimento, neanche quando ci si concede qualche pausa come negli intermezzi strumentali ed è un fattore di pregio per un’opera tanto lunga. C’è poi da tenere conto del fulcro narrativo su cui ruotano i testi, un concept sullo sfacelo esistenziale dell’Uomo 2.0, quello che alla lotta per la propria libertà antepone troppo spesso l’acquiescenza in virtù di un anonimo e insignificante quieto vivere.

(2012, Mascot Label Group)

– CD 1 –
01 Nothing (We Are…)
02 The Heart Of Every Country
03 Get Down And Live With It
04 (In The Yonder Mash)
05 A Letter Concerning Dogheads
06 Laying Traps
07 Born In A Hurricane
08 Release The Clowns
09 (What)

– CD 2 –
01 A Suggestion (Not A Very Nice Once)
02 (Dig, Bury, Deny)
03 Operation Mincemeat
04 We Will Never Get Out This Wolrd Alive
05 Faced With Complete Failure, Utter Defiance Is The Only Response

A cura di Marco Giarratana