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Death From Above – Outrage! Is Now

L’8 Settembre è uscito un nuovo album dei Death From Above, intitolato Outrage! Is Now. Per alcuni la recensione potrebbe finire qua, dopo una riga. D’altronde cosa potrà mai offrire un gruppo dance punk ricordabile solo per alcuni buoni episodi (“You’re A Woman, I’m A Machine” del 2005), avvenuti per giunta in una decade musicalmente, oltre che cronologicamente, archiviata?

Effettivamente ben poco, da quel che si sente nella mezz’oretta abbondante del nuovo disco, quindi stavolta non posso che dare ragione a prevenuti e malpensanti, nonostante sia partito con le migliori intenzioni e grandi speranze nei confronti di uno dei pochi album ruock giunti alle mie orecchie in quest’anno popolato da trapper e cantautori. La band di Toronto è una delle tante realtà strumentalmente votate all’imperativo less is more, dal momento che il loro sound si poggia solamente su basso e batteria, come d’altronde hanno fatto parecchie formazioni più o meno simili a loro in questi ultimi anni. Senza scomodare pezzi grossi grossi come i White Stripes e i Black Keys, o realtà più sperimentali come i nostri Zeus, un gruppo recente che ha lo stesso assetto basso/batteria e una simile proposta sonora, definibile “alternative”, sono gli inglesi Royal Blood.

Com’è che i due dischi dei Royal Blood, dei quali l’ultimo è uscito pochi mesi prima di “Outrage! Is Now”, hanno convinto la critica e soprattutto il pubblico, mentre questo lavoro dei Death From Above sta raccogliendo opinioni discordanti in giro per la rete? Beh, probabilmente a causa dei differenti endorsement di cui han goduto i due gruppi (i Royal Blood sono usciti grazie alla “pubblicità” regalata dagli Arctic Monkeys e l’apprezzamento da parte di Jimmy Page dei Led Zeppelin), ma soprattutto per la diversa capacità di scrittura e d’interpretazione del presente. Suonano freschi i singoli dei Royal Blood, e sono pure a prova di colonna sonora di uno spot televisivo, che non fa mai male.

Invece qui dalle parti dei DFA, fin dal primo banalissimo stacco di batteria del nuovo album, nel pezzo Nomad, si capisce che il tutto prenderà un brutta piega. L’album scorre anche bene nelle orecchie, se vogliamo, ma proprio perché scorre in solchi creati da innumerevoli gruppi rock che a partire dagli anni ’70 suonano riff copiati con lo stampino. Non c’è neanche un episodio accettabile in “Outrage! Is Now”, neanche un guizzo che salva l’album come era “Cheap Talk” per il disco precedente del 2014, che almeno era ballabile e ricordava i bei tempi che furono. Non c’è neanche un po’ di sana sporcizia, quella roba che tramuta tutto in garage rock raffazzonato che sanno fare tanto bene gruppi come i Japandroids.

Qui no, pezzi come All I C Is U & ME non hanno solo un testo e un titolo da bimbominchia, ma anche un sound meno potente di un qualsiasi gruppo pop punk sfigato. Peccato, ci si aspettava qualcosa di più da parte di un duo che ci tiene ancora a suonare e far rock in una certa maniera. Ma se si continua a far le solite canzoncine in un momento in cui persino i Queens Of The Stone Age, ora come ora la principale band del mondo, si affidano alle produzioni di Mark Ronson per far uscire un prodotto figo e che suoni al passo con i tempi, allora non ci siamo proprio. Son lontani i tempi in cui tutto ciò era innovativo, o quanto meno accettabile, tanto da far cantare a un gruppo canzoni dal titolo “Let’s Make Love And Listen To Death From Above”.

(2017, Warner / Last Gang)

01 Nomad
02 Freeze Me
03 Caught Up
04 Outrage! Is Now
05 Never Swim Alone
06 Moonlight
07 Statues
08 All I C Is U & Me
09 NVR 4EVR
10 Holy Books

IN BREVE: 2,5/5