Home RECENSIONI Decemberists – The King Is Dead

Decemberists – The King Is Dead

Un sole ricamato ad arabeschi e un cielo giallo frastagliato da aghi di pini. La morte di un Re per i Decemberists è motivo di festa, esplosione di gaudio, racconto ed esultanza di entusiasmi. The King Is Dead è la banda coloratissima con pantaloni panciuti e guance rosse che taglia la corte per far esplodere le fanfare migliori, quelle da petardi al cielo e ricostruzione. Eccoli i Decemberists, eccoli di nuovo con un nuovo piccolo saggio di musica leggera, senz’affanni. Ed è in questo che è unico il tocco di Colin Meloy, ovvero nell’immaginarsi la fine di una tirannia, di un feroce despotismo, ma farlo con le tinte di un acquarello. “The King Is Dead” dunque non è un disco che cambia le regole, non sfida le maree, non si fa interprete di un momento storico, ma al massimo ne è colonna sonora, compagno di viaggio timido e rispettoso, fotografia che sorride da sopra un comodino. Non fa rivoluzione, insomma, la racconta. La band di Portland si presenta in perfetto spolvero per questo debutto nella seconda decade dei Duemila. Meloy e compagni (più le backing vocals di Gillian Welch) scrivono un disco fresco, piacevole, solare, appassionante come è il pop quando è fatto la farina giusta. E la rugiada che rende, queste, canzoni di rinascita primaverile è l’impianto pastorale, country, bluegrass, che rintocca in tutti gli incastri di legno: le chitarre acustiche, il mandolino, fisarmonica, pianoforte. Avvertimento per gli ascoltatori: se ascoltando Calamity SongDown By WaterDon’t Carry It All vi sembrerà di vivere un deja-vù. E’ tutto ok, perché alla chitarra e mandolino in quei pezzi ci sta Peter Buck dei R.E.M. che porta con sé inevitabilmente tutte le atmosfere dei primissimi album della band di Athens. (Auto)Citazionismo? Omaggio? Ispirazione? Forse tutte e tre considerato come i R.E.M. di Re da dover buttar giù, di “occupation”, di “disturbance” se ne intendevano moltissimo.

Nota: Carson Ellis, moglie di Colin Meloy, in collaborazione con Autumn de Wilde, si è occupata dell’artwork del disco: oltre 250 tra polaroid e illustrazioni.

(2011, Capitol)

01 Don’t Carry It All
02 Calamity Song
03 Rise To Me
04 Rox In The Box
05 January Hymn
06 Down By the Water
07 All Arise!
08 June Hymn
09 This Is Why We Fight
10 Dear Avery

A cura di Riccardo Marra