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Florist – The Birds Outside Sang

thebirdsoutsidesangNel giro di poco, nella scena hi-fi pop di Brooklyn è nato un piccolissimo culto intorno ai Florist, band guidata dalla bella voce di Emily Sprague (insieme ai tre amici Rick Spataro, Jonnie Baker e Felix Walworth), regina dei chiaroscuri capace di ammaliare persino i palati più intransigenti.

Di quest’inizio 2016 il loro debutto con The Birds Outside Sang che, con la benedizione della label Double Double Whammy Records, coglie l’occasione per lanciare nel firmamento “off” queste loro poesie nebbiose, questi stralci di profondità tormentata e sublime, delicata e nuda nel contempo, undici canzoni cantate in punta di piedi e con una vena dark interiore che – se ascoltate senza pensieri – traghettano l’ascolto in una via di mezzo tra ipnosi e acute riflessioni.

Con riferimenti stilistici vicini a Phil Elvrun e alle onde di stampo Bright Eyes, il disco è una delicatezza concreta, un minimalismo soffice che accarezza lo spirito, anzi, lo invita a interagire con l’anima fino ad “assemblarsi” in un tepore incontaminato. Il songwriting è ottimo, gli arrangiamenti essenziali e ballatine come Ring Grow, White Light Doorway, 1914, e Only A Prayer Nothing More possono concorrere a far arrivare questa formazione americana nel luccicante mondo “più in alto” dell’underground. Ascolto raccomandato.

(2016, Double Double Whammy)

01 Dark Light
02 I Was
03 Rings Grow
04 A Hospital + Crucifix Made Of Plastic
05 Thank You
06 The Birds Outside Sang
07 White Light Doorway
08 Cold Lakes Quiet Dreams
09 1914
10 Dust Inside The Light
11 Only A Prayer, Nothing More

IN BREVE: 3/5

Giornalista e critico musicale da tempo, vivo nella musica per la musica, scrivo di suoni, sogni e segni per impaginare gli sforzi di chi dai sistemi sonori e dalle alchimie delle parole ne vuole tirare fuori il ritmo vitale dell’anima.