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Haruko – Wild Geese

Cercare definizioni che inquadrino al meglio un album può diventare a volte una vera e propria fobia. E così, magari, si rischia di tirare fuori dal cilindro paroloni messi da parte per l’occasione giusta, ma quando l’occasione giusta non è. Prendiamone uno a caso, ad esempio “minimalista”. Con che frequenza si utilizza questo termine e quanto a giusto titolo? E’ sufficiente la presenza di un solo strumento, di una sola voce e/o di uno stile uniforme per giustificare l’uso del termine in questione? A volte sì, ma tante altre si è fuorviati proprio dalle caratteristiche di cui sopra. Diciamo ciò perchè, ascoltando Wild Geese, album d’esordio della tedesca Susanne Stanglow sotto il nipponico pseudonimo di Haruko, si ha come la sensazione che ogni qual volta in cui si è utilizzato l’aggettivo “minimalista” lo si sia fatto senza cognizione di causa. Questo è un album minimale, questo è un lavoro che merita e, anzi, esige tale definizione. Il perchè è presto spiegato. Le dieci tracce che compongono “Wild Geese” non hanno nessuna pretesa di perfezione, tutt’altro: lo sporco che pervade i brani, frutto di registrazioni a dir poco casalinghe, finisce per rendere unico l’incedere dell’album. Primavera, estate, autunno, inverno e poi ancora primavera, la flebile chitarra acustica di Haruko attraversa a tuttotondo gli archi stagionali, atmosferici e temporali, presentandoci un campionario di input che difficilmente possono non essere colti. La semplicità del suono, poche corde pizzicate con dolcezza intervallate da secondi si silenzio, accordi lineari a fungere da mero accompagnamento della “vita” dell’album, il tutto condito da una meteoropatia confusa che rende i brani perfetti per qualsiasi scenario ci si ponga innanzi: finestre appannate solcate dalla pioggia, vento caldo che spazza un campo di grano, foglie secche ai piedi degli alberi o soffice neve che imbianca i tetti, “Wild Geese” sarebbe sempre e comunque una colonna sonora perfetta. Se a questa innata capacità descrittiva aggiungiamo, poi, una voce come quella della Stanglow, è facile comprendere lo stato di trans auditiva in cui cade l’ascoltatore, totalmente preso dalle parole pronunciate – o sarebbe meglio dire sussurrate – da Haruko. Di solito produzioni del genere lasciano il dubbio del “cosa sarebbe stato”, con un lavoro più preciso e tecnologie migliori a disposizione. “Wild Geese”, invece, è speciale anche in questo, perchè siamo sicuri che la sua magia risieda anche nella forma stessa in cui è stato composto. Minimalista, per l’appunto.

(2009, Bracken)

01 Welcome To Loveland
02 Spring In Our Lungs
03 Man In The Moon
04 Autumn, Golden Trees
05 The Bright Lights
06 Morning Dreams
07 The Mountain Adventure
08 Winter
09 The Dragon’s Tears
10 Goodbye My Love, Goodbye

A cura di Emanuele Brunetto