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Harvestman – Trinity

Composto per supportare le immagini dell’horror movie italiano “h2Odio” (il titolo inglese è “Hate 2 O”), Trinity è a tutti gli effetti il terzo album del one-man project Harvestman, pseudonimo dietro il quale si cela la prolifica mente artistica di Steve Von Till, voce/chitarra e componente basilare dei giganteschi Neurosis. Opera di ampio respiro che abbraccia tutto lo spettro sonoro che già ben conosciamo del progetto, “Trinity” non contiene soltanto materiale inedito. Sono ben cinque, infatti, gli estratti dal meraviglioso esordio “Lashing The Rye”, fulmine a ciel sereno che diede i natali a questa nuova avventura nel 2006. Si rincontrano con piacere quindi bellissimi acquerelli sonori come MelleadhMarch To Loch Barren, le fluttuazioni di chitarre ultra-ariose sulla scia degli Earth ultimo corso di Amongst The Heather, l’apocalittico sogno tra Dead Can Dance e Popol Vuh di Sheep-Crook And Black Dog, i flussi sotterranei di The Thunderer. L’immaginifico mondo che Harvestman riesce a tinteggiare con calibrate pennellate sulla tela emotiva di “Trinity” attraversa diversi stadi fisici e gerghi linguistici. Harvestmesse schiude la prima immagine su un lieve post-rock trasognato in tipico Mogwai-style. Con un solo passo si piomba nella tristezza campestre di Trinity, paesaggio contiguo a quelli di Pure Space, composizione suddivisa in quattro momenti, che è invero una catarsi lunare su uno straniante e solitario scorcio di profonda campagna americana. Ovunque sono presenti echi di Chrome e Tangerine Dream, ma Dig trae spunto dagli spartiti dei Neurosis. Il punto più spettrale dell’intero lavoro è però il duo Don’t Play With Water – Dead Flowers: il primo è un vischioso gocciolio cerebrale su uno schermo perennemente disturbato da frequenze sfalsate; il secondo è una sequenza accelerata di fotogrammi di fiori che appassiscono, corrosi da un’infinita tristezza. Come di consueto, Steve Von Till centra l’obiettivo con un lavoro che ricalca fedelmente le sue recenti mutazioni artistiche, tenendo sempre in conto l’aspetto emotivo, materia prima fondamentale senza la quale il significante musicale sarebbe un puro ed inutile esercizio di stile. Lontano dalla furia magmatica dei Neurosis, Steve Von Till assume cangianti forme in una continua metamorfosi che la sua musica riesce sempre a rivelare con assoluta efficacia. E’ proprio per questo che lo consideriamo uno dei musicisti essenziali degli ultimi anni.

(2010, Neurot)

01 Harvestmesse
02 Trinity
03 March To Loch Barren
04 Pure Space
05 Amongst The Heather
06 Dig
07 Don’t Play With Water
08 Dead Flowers
09 Pure Phase
10 Reflections
11 Pure
12 Melleadh
13 Separation
14 The Thunderer
15 Sheep-Crook And Black Dog
16 Pure Space II

A cura di Marco Giarratana