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High On Fire – Snakes For The Divine

Cosa stia accadendo alla Relapse non è ben chiaro, ma di sicuro è in atto una migrazione cospicua di nomi di grosso e medio calibro verso nuovi lidi. Dillinger Escape Plan, Coliseum e High On Fire, entità note agli aficionados dell’etichetta, stanno adesso altrove, con questi ultimi giunti tra le braccia della Koch, major che, oltre ad avere un apposito catalogo per il metallo (tra i cui nomi spiccano Hatebreed, Satyricon ed In Flames), ne ha anche uno per l’hip-hop, uno per il pop, uno per il country-folk. Insomma, per chi non lo sapesse, casa discografica di lusso e polifunzionale. Ci piacerebbe quindi tanto sapere che intenzioni ha adesso la prestigiosa etichetta di Philadelphia di fronte a questo esodo di massa: quanti se ne lascerà sfuggire ancora? Nel frattempo il fuggitivo Matt Pike, leggenda indiscussa del doom metal coi suoi giganteschi Sleep, piazza il quarto full-length dei suoi High On Fire con questo nuovo e prezioso contratto che intende rispettare a suon di epiche legnate heavy metal. Sì, heavy metal. Chi segue sin dagli albori l’avventura degli High On Fire saprà benissimo che l’allontanamento dallo stoner-doom degli esordi è stato progressivo ma mai celato, e che negli ultimi due (grandi) dischi, “Blessed Black Wings” e “Death Is This Communion” aveva raggiunto picchi elevati di ispirazione. Con Snakes For The Divine, che scopre la carte sin dalla copertina vagamente à la Manowar, Pike e soci affondano le lame nella tradizione del metal con una serie di riff caterpillar, andature grevi e toste, ma anche accelerazioni che mantengono ancora vive le ormai leggerissime reminiscenze motorheadiane (la title-track iniziale). L’ugola del frontman si è ancor di più acidificata e sembra davvero che vi sia passato sopra un rullo di carta vetrata che ha lasciato numerosi cocci. Più irosa ed aggressiva la voce a dispetto però di una carenza di melodie abbastanza pesante per un album di otto brani, alcuni dei quali piuttosto lunghi. Resta ad ogni modo un approccio monolitico e verace alla materia metal, con composizioni dall’incedere elefantiaco (Bastard Samurai) contrapposte ad altre dall’anima speed-metal (Ghost Neck), tenendo sempre fede al cardinale principio che vede onnipresenti le armonizzazioni di chitarra, soprattutto nel brano che dona il titolo all’intero album. Compatto e molto omogeneo, “Snakes For The Divine” conferma i buoni standard della band americana ma risulta meno travolgente e possente rispetto alla più recente produzione. Qua e là si intravedono buchi, piccoli momenti che non riescono a far presa, e la sola ortodossia e fedeltà al verbo non è sufficiente a fare grande un disco. Li attendiamo al varco per un nuovo lavoro, stavolta gigantesco, degno del loro nome.

(2010, Koch)

01 Snakes For The Divine
02 Frost Hammer
03 Bastard Samurai
04 Ghost Neck
05 The Path
06 Fire, Flood & Plague
07 How Dark We Pray
08 Holy Flames Of The Fire Spitter

A cura di Marco Giarratana