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How To Destroy Angels – How To Destroy Angels

“Se vuoi fare il lavoro del rapinatore non devi fare entrare nella tua vita niente da cui non possa sganciarti in trenta secondi netti se senti puzza di sbirri dietro l’angolo” è la frase con cui De Niro in “Heat – La Sfida” (film di Michael Mann del ’95) definisce la sua filosofia di predone metropolitano. Un ruolo che, rapportato alla musica, potrebbe calzare a pennello a Trent Reznor. Uno che non ha mai gradito restringimenti alla sua creatività, che ha sempre fuggito le regole del music business, che negli ultimi anni ha fornito i suoi dischi in download gratuito, li ha pubblicizzati lasciandoli in penne usb nei lavandini di qualche cesso pubblico. Non concedendosi più del dovuto ai media e sganciandosi in 30 secondi netti quando la puzza della conformità si andava insinuando dietro l’angolo. Da quando Trent ha scoperto il web, la sua carriera è cambiata del tutto: dai soli tre dischi tra la fine degli ’80 e i ’90, ai quattro tra il 2005 e il 2008. Tre anni pienissimi in cui il marchio preferito, Nine Inch Nails, forse ha detto tutto quello che aveva da dire. Stiamo vivendo degli year zero, culturalmente, musicalmente, tecnologicamente e quindi la musica deve viaggiare in scompartimenti ormai invisibili, liquidi, liberi. I musicisti? Sorta di predoni metropolitani, ladri, banditi del web. How To Destroy Angels si pone in quest’ottica. Reznor scioglie (temporaneamente?) il marchio NIN e ricomincia da un progetto messo su con la moglie Mariqueen Maandig, già leader delle West Indian Girl, al sound engineer Atticus Ross, e ad Alan Moulder, producer-guru inglese. Anticipato da un messaggio su Twitter, l’ep How To Destroy Angels è arrivato in downloading gratuito all’alba del primo di giugno. Eccola la rivoluzione. Ecco come cambia il rituale. Se prima l’ascoltatore si muoveva verso il negozio per comprare il disco, ora è il disco (parola sempre più obsoleta) che arriva nella casella mail dell’ascoltatore. Se questo sarà il trend di tutta la discografia futura, non è dato saperlo, ma certo pare già il modo per scrollarsi di dosso qualsiasi restrizione di mercato. Ma veniamo finalmente alle canzoni, sei, di questo ep, che è solo un antipasto di un album che arriverà presumibilmente in autunno. Reznor e consorte sfornano una sestina disturbata/disturbante e industrial fino al midollo. Sei canzoni senza compromessi che arrivano allo stomaco nonostante Reznor decida, stavolta, di serrare la bocca e di affidare tutta la parte vocale alla sofferenza di Mariqueen. A onor del vero, pezzi come Fur LinedA Drowing, sono impastate della stessa farina nera dei Nine Inch Nails, e anche Between The Lines, il singolo affiancato da un videoclip violentissimo, è forse la canzone che Trent non era riuscito ad inserire nei precedenti lavori. In sostanza però “How To Destroy Angels” è un lavoro corposo, che entra subito in circolo e che è una premessa importante in vista del disco. Poi magari Reznor scapperà di nuovo, chissà, salirà su un auto crivellando di colpi gli sbirri e tutti coloro che vorrebbero la musica e le sue dinamiche sempre sotto controllo. Lo farà in massimo 30 secondi, non oltre.

(2010, Autoprodotto)

01 The Space In Between
02 Parasite
03 Fur Lined
04 BBB
05 The Believers
06 A Drowing

A cura di Riccardo Marra