Home RECENSIONI Kilimanjaro Darkjazz Ensemble – From The Stairwell

Kilimanjaro Darkjazz Ensemble – From The Stairwell

From The Stairwell è il terzo full-length dei Kilimanjaro Darkjazz Ensemble diretti da Jason Koehnen, noto ai più come Bong-ra. Con l’omonimo debutto del 2006 e “Here Be Dragons” del 2009, il progetto, che ha una line-up permeabile alle collaborazioni esterne, aveva attirato con merito le attenzioni di esigenti ascoltatori di musica di frontiera. The Kilimanjaro Darkjazz Ensemble è di fatti una sinuosa miscela di fumose circonvoluzioni jazzate e astrazioni ambient in un modus operandi tipico della classica contemporanea, il tutto capace di dar vita ad una musica che ha il flusso immaginifico degno delle soundtrack, vero e proprio fine della scrittura. Un sound in continua rarefazione quello di TKDE, che aspira al richiamo cerebrale di chi si pone all’ascolto stimolandone la corteccia con melodie immerse in una lattiginosa placenta dalle tinte brune e sfumature grigiastre. E’ musica sospesa ed umbratile che però, in questo nuovo capitolo, mai si eleva verso maestosi picchi orchestrali restando rasente al suolo e strisciandovi; sono monologhi sonori perfetti per accompagnare una profonda riflessione notturna. L’impiego part-time della soave voce di Charlotte Cegarra, presente solo in All Is OneLes Etoille MutantesWhite Eyes, lascia più spazio a lunghe sezioni strumentali che sono invero un antigravitazionale jazz nero in balia degli archi di Nina Hitz e dei fiati del trio Jeffery, Òlafsson, Kaldeway. Cocaine è una sequenza di allucinazioni degne dei sogni lucidi dell’Aphex Twin di “Selected Ambient Works II”, Celladoor sta a metà tra i Rachel’s del meraviglioso “Music For Egon Schiele” e i Sigur Ros, in Cotard Delusion (che è l’istantanea migliore dell’album) non è remota l’ombra degli Ulver di “Blood Inside”. E’ tutto avvolto da un’aura affascinante ma l’assenza di climax coinvolgenti fa sì che “From The Stariwell”, seppur presentando un’eleganza formale ineccepibile, non catturi in profondità le emozioni, non le imprigioni nei suoi strani sogni dove volti e sagome si illuminano ad intermittenza sulla scena. Ne risulta una prova che conferma il valore di TKDE, ma che, sospesa com’è in un irrisolvibile cluster emotivo, si rivela meno efficace dei precedenti, egregi due capitoli.

Piccola chiosa finale: vi consigliamo di dar la caccia all’alter ego di TKDE, ovvero The Mount Fuji Doomjazz Corporation, side-project che compone materiale inedito registrato rigorosamente dal vivo e che ha in “Succubus” del 2009 e nel recentissimo “Anthropomorphic” i vertici della sua produzione.

(2011, Denovali)

01 All Is One
02 Giallo
03 White Eyes
04 Cocaine
05 Celladoor
06 Cotard Delusion
07 Les Etoiles Mutantes
08 Past Midnight

A cura di Marco Giarratana