Home RECENSIONI King Creosote & Jon Hopkins – Diamond Mine

King Creosote & Jon Hopkins – Diamond Mine

Avessi ricevuto un euro per ogni occasione in cui qualche gentiluomo mi si è avvicinato bofonchiando qualcosa di somigliante a: “bei dischi ormai non se ne fanno più; forse un paio, di tanto in tanto”, non sarei milionario giusto a causa della mia nota, ritrosa socialità. Ecco: avessi ricevuto un euro per ogni occasione del genere, forse, mi sarebbe anche passato per la testa di nominare un album, uno appena tra le centinaia a disposizione. Sapete, do ut des. Dunque: se avessi ricevuto un euro per ogni occasione del genere, se mi fosse passato per la testa di nominare un album, e se qualcosa di simile capitasse oggi, ad esempio, potrei agevolmente citare Diamond Mine di King Creosote e Jon Hopkins. Eufemisticamente prolifico cantautore scozzese il primo, novello protetto di Sua Maestà Brian Eno il secondo. Il folkster e l’ex London’s Royal College of Music. Ma soprattutto: duo che vicendevolmente si fortifica, attraverso un’opera prima difficile da non qualificare tra gli episodi più graditi dell’anno 2011. Il pianoforte discreto di First Watch prima accompagna e poi sovrasta le voci all’interno d’un bar, seguendoci mentre ci dirigiamo verso John Taylor’s Month Away: “I love to look out at the sea / From the swing park here at Roome Bay beach / Today John Taylor starts his month away / On a boat, 110 miles east of Aberdeen.” Bats In The Attic, primo fortunatissimo singolo, è in estrema sintesi una ceramica pop in cui la voce di Lisa Elle fa da valore aggiunto. Come un’amaca le cui estremità sono annodate ai fusti di due alberi, l’elegantissima Bubble trova posto in mezzo a Running On Fumes e Your Own Spell, brani già noti ai seguaci di Kenny Anderson, registrati ben otto anni fa. Risulta evidente quanto l’impalcatura sonora di Hopkins incida: sembra un abito d’alta sartoria, cucito perfettamente addosso a ciascuna composizione, che ne esalta le movenze ad ogni passo di danza. A questo punto, una dolcissima coda cede il passo all’incantevole Your Young Voice: vibrano infine le ultime parole del disco. “It’s your young voice that’s keeping me holding on / To my dull life, to my dull life”. Stringere a sé la bellezza per stringersi a sé, tingersi d’un lampo che non si possiede; fintanto che al baro riesca barare. Certo è che “Diamond Mine” sia qualcosa di delicatamente bello. Ed almeno per trenta minuti, beh, può davvero bastare.

(2011, Domino)

01 First Watch
02 John Taylor’s Month Away
03 Bats In The Attic
04 Running On Fumes
05 Bubble
06 Your Own Spell
07 Your Young Voice

A cura di Michele Leonardi