Home RECENSIONI Kula Shaker – 1st Congregational Church Of Eternal Love And Free Hugs

Kula Shaker – 1st Congregational Church Of Eternal Love And Free Hugs

C’era una volta un gruppo formato da quattro amici, tutti un po’ strambi. Venivano dall’Inghilterra ma cantavano in un’altra lingua. In verità non cantavano, pregavano. E la cosa strana era che, nonostante quella preghiera fosse incomprensibile, era potente, di un’energia quasi malefica al punto da reincarnarsi in un singolo piazzatosi tra i primi dieci della UK single Charts del 1996. Govinda era la quarta traccia di “K” (1996), il primo album dei Kula Shaker. Quello che rappresentò quell’album d’esordio, al tempo della sua uscita, è presto detto: una bianca rete elettrica collegata a tredici centrali, i cui riferimenti a Beatles, Pink Floyd, Kinks, Yardbirds, Cream erano lapalissiani ma non per questo dominanti.

A replicare la magnificenza di “K” non ci riuscì neanche il suo successore, il figlio prediletto dal frontman Crispian Mills, “Peasant, Pigs And Astronauts” (1998), che di assi nella manica ne aveva a sufficienza (prodotto da George Drakoulias, Rick Rubin, Bob Ezrin e registrato dentro l’Astoria, lo studio galleggiante di Gilmour), a differenza dei rimanenti tre (“Strangefolk” del 2007, “Pilgrims Progress” del 2010 e “K 2.0” del 2016), che raggiungevano a stento la sufficienza. Non siamo di certo qui a sperare che 1st Congregational Church Of Eternal Love And Free Hugs sia sceso dal cielo per salvarci da Satana, come fece San Michele Arcangelo nell’Apocalisse, anche se le vesti del cavaliere della milizia celeste le indossa davvero.

Amore contro paura; Lucifero contro San Michele; libertà contro assolutismo; invasori e aborigeni; imperialismo contro insurrezione. Questi sono i temi snocciolati dal comunicato stampa diffuso dalla band. Ma cosa c’è davvero nell’ottavo album della band inglese? L’unica cosa che probabilmente nessuno si aspetterebbe di trovare è un mood ironico, palese anche per chi non è esattamente madrelingua. “1st Congregational Church Of Eternal Love And Free Hugs” è un concept ambientato all’interno di una chiesa nella contea di Little Sodbury; fuori, imperversa una tempesta; tra i fedeli ci sono uomini donne e bambini scatarranti (sic) e Crispian Mills nei panni di un prete immerso in un sermone tragicomico sulla lotta tra San Michele e il demonio.

Whatever Is It (I’m Against It), prima traccia del disco, ha lo stile inconfondibile dei Kula Shaker, con increspature a base di rullanti e distorsioni che crescono e culminano nel cantato, stessa dinamica di Hometown a cui si aggiunge un intro stridente smaccatamente in stile Kinks. Burning Down rivela un’altra faccia del disco, quella che lo vedeva nascere come un insieme di tracce quasi di solo ukulele, nuova passione del figlio adolescente di Mills per cui c’era già pronto un altro titolo, “The Ukulele Bandwagon”. Love And Separation è la prima della tracklist che abbassa i toni e smorza la psichedelia, ma qui i riferimenti beatlesiani sono fin troppo marcati per attribuirle il valore che merita e così anche per Farewell Beautiful Dreamer, Shattered Bones e Where Have All the Brave Knights Gone?. Identico discorso ma reference diversa merita il singolo The Once And The Future King, che lascia trapelare atmosfere da Pink Floyd, senza alcuna dignità.

Episodi, invece, come Gingerbread Man, una sorta di “Coffee & TV” dei Blur totalmente allucinata, Don’t Forsake Me (un blues acido realizzato ad arte) e la trilogia di After The Fall confermano l’abilità della band inglese nel creare quelle progressioni psichedeliche in grado di distinguere un fabbro da un vero artigiano. Alcuni riferimenti ai primi due album sono palesi anche se riconducibili soltanto ai titoli (303 Revisited da “K” e 108 Ways To Leave Your Narcissist da “108 Battles (Of The Mind)”).

“1st Congregational Church Of Eternal Love And Free Hugs” non è foriero di novità, anzi è pieno di nostalgia, ma è un lavoro più che ben fatto. A dispetto di un titolo un po’ anacronistico e di un’anima a tratti quasi kitsch, come quella che contorna l’artwork composto da un soggetto centrale, metà San Michele e metà Shiva, seduto sugli elefanti tipici della Dea lakshmi mentre attorno soldati, cavalieri, clown, satana e i Fratelli Marx popolano la collina di Glastonbury, si tratta di un ritorno graditissimo di un gruppo dotato di un talento inversamente proporzionale alla sua buona sorte.

(2022, StrangeF.O.L.K LLP)

01 Intro
02 Whatever It Is (I’m Against It)
03 Hometown
04 Burning Down
05 Love In Separation
06 Let Us Pray
07 Gingerbread Man
08 Farewell Beautiful Dreamer
09 Where Have All The Brave Knights Gone
10 Raining Buckets
11 108 Ways To Leave Your Narcissist
12 After The Fall, Pt. 1
13 Don’t Fordake Me
14 303 Revisited
15 The Once And Future King
16 Shattered Bones
17 After The Fall, Pt. 2 & 3
18 Closing Words
19 Bumblebee
20 Coda

IN BREVE: 3/5

Catanese, studi apparentemente molto poco creativi (la Giurisprudenza in realtà dà molto spazio alla fantasia e all'invenzione). Musicopatica per passione, purtroppo non ha ereditato l'eleganza sonora del fratello musicista; in compenso pianifica scelte di vita indossando gli auricolari.