Home RECENSIONI Melissa Auf Der Maur – Out Of Our Minds

Melissa Auf Der Maur – Out Of Our Minds

La verità è che, dal punto di vista dell’immaginario rock, Melissa Auf Der Maur ha sempre patito il ruolo di comprimaria. Un ruolo affibbiatole con cattiveria e che l’ha mostrata agli occhi di tutti prima come il “braccio destro” di Courtney Love nelle Hole, poi come la “sostituta di D’Arcy Wretzky” negli Smashing Pumpkins. Come se non bastasse qualcuno ci ha anche ricamato su dell’ironia parlando del suo contributo crocerossino a quelle due band. Perché in effetti, la Auf Der Maur, ne ha potuto toccare pressoché le carcasse: suonò negli epitaffi sia delle Hole che dei Pumpkins. Però la storia offre sempre la possibilità del riscatto. Per Melissa il progetto da solista, così, rappresenta un po’ una reincarnazione, una nuova vita artistica lontana dalle male lingue. Dopo il positivo esordio “Auf Der Maur” del 2004 (seguito dall’ep “This Will Be Paradise”), oggi arriva Out Of Our Minds. Un disco sanguigno, rock, che ci mostra la bassista canadese nella sua migliore prova da cantante. La Auf Der Maur si scrolla di dosso il peso “dell’eterno secondo” e ci porta dentro la sua versione della musica: d’impatto, elettrica e non per questo priva della melodia che rende, questo, un album di canzoni vecchia maniera. Perché sembrano gli anni ’90 quando ascolti pezzi come Isis SpeaksBelowMeet Me (On The Dark Side). E vivono di grandi emotività la seattleiana This Would Be Paradise e il blues elettrico Father’s Grave (cantata con l’aiuto di Glenn Danzig dei Misfits). Ma c’è un aspetto, su tutti, che più piace di questo “Out Of Our Minds”: è come Melissa faccia arroventare le sue canzoni, le faccia bruciare lentamente come un ferro che si eccita al contatto con il fuoco. Nessuna fretta, nessuna esigenza di portare immediatamente il risultato a casa. In questo senso, i pezzi strumentali sono quelli che più mostrano questa caratteristica. Ad esempio The Hunt, con i vocalizzi della Auf Der Maur che conducono il brano alla fine o Lead Horse, tutta affumicata da chitarre solfuree. Una bella prova, insomma, per la bassista. Un riscatto che ci voleva. Oltretutto, considerando la fine che hanno fatto Corgan e la Love, ci sembra più di un punto a suo favore.

(2010, Roadrunner)

01 The Hunt
02 Out Of Our Minds
03 Isis Speaks
04 Lead Horse
05 Follow The Map
06 22 Below
07 Meet Me (On The Dark Side)
08 This Would Be Paradise
09 Father’s Grave
10 The Key
11 The One
12 1,000 Years

A cura di Riccardo Marra