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Metallica – Death Magnetic

Trovarsi davanti a questo Death Magnetic vuol dire fare anche i conti col passato. Probabilmente è l’album dei Metallica più atteso di tutta la loro storia discografica e tra anticipazioni e dichiarazioni, dalla polemica con Napster alle dichiarazioni di James Hetfield (il nuovo album si colloca tra “Master Of Puppets” e “And Justice For All”, […] tra circa due settimane vi faremo sentire alcuni pezzi completi) si nota che qualcosa è cambiato. Ma partiamo dalle questioni palesi: innanzitutto è vero ed è giusto che un libro (o un album) non si giudica dalla copertina, ma tant’è: la cover può concorrere come peggiore cover del 2008, sembra un organo genitale femminile con una bara in mezzo. Si nota però che sono tornati al loro logo originale, che sia un segno? Il titolo “Death Magnetic” mostra che i Metallica forse si sono incattiviti, effettivamente la parola ‘Death’ fa più paura di ‘Load’ o ‘Anger’… che la band sia davvero intenzionata a tornare sui propri passi? Analizziamo la tracklist: dai titoli non si evince nulla di che, tranne per la presenza del terzo capitolo di una saga che potevano risparmiarsi: The Unforgiven III.

Finalmente passiamo all’ascolto, la prima impressione è che davvero ci sia stato un enorme salto verso il passato, bisogna dirlo sottovoce però, finché non si è sicuri. Nonostante gli intro snervantemente lunghi, il sound è certamente la cosa più somigliante a del thrash metal rispetto a quello che hanno prodotto negli ultimi 17 anni. Le chitarre hanno riacquistato la solidità e l’aggressività che sembravano essere state sedate dal “Black Album” in poi. In aggiunta a questo aspetto, troviamo anche moltissimi richiami ad altre produzioni (“Load” e “Reload”), soprattutto per quanto riguarda la voce: il nostro buon Hetfield non graffia più come quando cavalcava coi Four Horsemen. Nonostante si siano fatti enormi passi avanti con la batteria, visto che almeno non somiglia alla batteria di pentole della mamma, il nostro Ulrich risulta un po’ ripetitivo e troppo ammiccante verso quei fan nostalgici della Bay Area (c’è però da sottolineare che Ulrich non è mai stato il migliore dei batteristi e che probabilmente la stessa batteria usata in “St. Anger” messa nelle mani di Gene Hoglan o di Dave Lombardo avrebbe prodotto suoni differenti). Altra nota di demerito è l’eccessiva lunghezza delle canzoni. Eppure non è la prima volta che i nostri producono canzoni di oltre 5 minuti (“Seek And Destroy”, “Ride The Lightning”, “Master Of Puppets”), però manca qualcosa, sicuramente sono sulla buona strada per tirar fuori ottimi lavori, ma quel qualcosa che manca sono le canzoni leggendarie, quelle che si imparano a memoria, quelle che si riconoscono dopo i primi secondi, ma è anche vero che le canzoni leggendarie sono tali perchè lo diventano. Staremo a vedere. Il thrash metal è caratterizzato da brani veloci e con batteria e chitarra che risultano d’impatto tramite ritmiche taglienti e molto veloci, ecco cosa manca… non basta riciclare vecchi riff, non basta tornare agli 8 minuti; nonostante l’impegno dei nostri, apprezzabilissimo, l’attitudine è andata persa. E’ andata persa in intro oltre il minuto e mezzo, è andata persa nella mancanza di concentrazione di assolo (ce ne sono troppi per ogni canzone) col risultato che segnano un altro punto estremamente a loro sfavore: l’album scorre senza infamia e senza lode nei suoi 75 minuti, ma nessuna dei brani rimarrà in testa. Peccato. E’ però un ottimo album per allenarsi nel riconoscimento delle vecchie canzoni: That Was Just Your Life è una delle migliori dell’album, un ritorno alla già citata Bay Area, una sorta di… “And Justice For All”. Si può scegliere se cantare The End Of The Line col suo testo originale o con quello di “Creeping Death”, il risultato è garantito, anche se, nonostante l’eccessivo autocitazionismo è una dei pezzi migliori, forse l’unico che dopo i primi 5 minuti di ascolto non porta a chiedersi “ma ancora non è finita?”.

Broken, Beat & Scarred insieme a The Judas Kiss hanno la capacità di riassumere elementi dei giorni migliori con qualcuno più moderno. Ricordano a tratti anche il “Black Album” nonostante la vicinanza a “Load” in termini di produzione. Per quel che riguarda il singolo The Day that Never Comes, ricorda un po’ “One”, un po’ “Sanitarium”, un po’ “Fade To Black”. Insomma, sorta di ballad con la voce di Hetfield che però non convince per niente, così come in The Unforgiven III, che, a scanso di equivoci, non somiglia assolutamente alle prime due, anzi tutt’altro. Il mesto intro di pianoforte ed i violini la rendono una canzone sgraziata. Inoltre, quando ci si aspetterebbe un tono più basso nell’esecuzione (cioè, quando nelle prime due la voce scende di tono), i Metallica hanno deciso di alzare la modulazione, quasi per stupirci. All Nightmare Long inizia come la migliore delle “Enter Sandman” per poi cambiare di tono, ma è qui che il bassista Rob Trujillo compie il miracolo: qualcosa di nuovo! Che sia qualcosa di buono o cattivo poco importa, è qualcosa di inedito. Per il momento è un piccolo evento. Cyanide sarebbe potuta essere presente in lavori come “Load” o “Reload”, ma è un po’ più tollerabile, nonostante sia ignorabile. Assolutamente non ignorabile, invece, è l’estenuante Suicide & Redemption che non offre un’idea passabile per giustificarne l’esistenza nei suoi 10 minuti di durata.

La canzone che chiude “Death Magnetic” fa le veci di quello che furono “Metal Militia” come posizione e “Battery” come sound, e risolleva quindi le sorti dell’album. Dei testi bisogna citare necessariamente due versi: da “Broken, Beat & Scarred” – What don’t kill ya makes you more strong – e verrebbe da aggiungere – tranne un ictus -, dal terzo capitolo di “The Unforgiven” invece –Forgive me, why can’t I forgive me? – la risposta è ovvia: nessuno potrà mai perdonarti per aver distrutto l’originale… In conclusione tirata d’orecchie per i fan, se fai qualcosa di diverso non piaci, se fai qualcosa di simile hai emulato il tuo stesso passato; tirata d’orecchi anche per i Metallica: non è thrash come l’ultimo buon album dei Testament e non è thrash come l’ultimo ottimo album dei Death Angel, “Death Magnetic” è un’opera che non si può definire un capolavoro, ma essendo il migliore inedito dei Metallica dai tempi del “Black Album” merita sicuramente la sufficienza.

(2008, Warner Bros)

01 That Was Just Your Life
02 The End Of The Line
03 Broken, Beat & Scarred
04 The Day That Never Comes
05 All Nightmare Long
06 Cyanide
07 The Unforgiven III
08 The Judas Kiss
09 Suicide & Redemption
10 My Apocalypse

A cura di Giovanna Castano