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Moby – All Visible Objects

Esistono artisti che sulla coerenza hanno costruito intere carriere, pensiamo a Bruce Springsteen e alla sua “American Skin (41 Shots)”, credibile e corrispondente all’idea di fratellanza cui l’artista americano tiene fede da oltre quarant’anni. Nessuno si è sorpreso ascoltando Springsteen schierarsi ancora una volta contro gli agghiaccianti discorsi presidenziali, seguiti all’omicidio di George Floyd. Come si colleghi tutto questo mappazzone moralista con l’ultimo LP di Moby è presto detto.

Archiviato il successo astronomico di “Play” del 1999, il disco che ha cementificato il nome dell’artista newyorkese negli annali della storia della musica moderna, R. M. Hall è diventato pian piano un tutt’uno con le proprie battaglie: “vegan for life”, la lotta al riconoscimento dei diritti degli animali, le campagne di sensibilizzazione sui cambiamenti climatici e in ultimo, ma non per minore importanza, le dichiarazioni di guerra aperta alla prepotenza trumpiana.

Snocciolando le undici tracce di All Visible Objects, diciassettesimo disco di Moby, fanno capolino una buona notizia e una cattiva. Partiamo dalla cattiva: nonostante il disco pulluli di quel velo raffinatamente melodico di cui il pubblico recente di Moby era rimasto orfano, quello che lascia perplessi è poco attinente all’ambito musicale, trattandosi più di un senso di incertezza generale che finisce per travolgere tutto, anche la musica (sic!). É impossibile, a questo proposito, sorvolare sulle sorti di Little Pine, il ristorante di Los Angeles dell’artista, chiuso durante il lockdown senza alcuna spiegazione o tutele per dipendenti, rimasti disoccupati senza troppi complimenti.

In questo senso, la prima traccia che balza all’occhio è Power Is Taken, singolo pre-pandemico dal ritmo ossessivo e paranoico in cui D. H. Peligro dei Dead Kennedy si scaglia violentemente contro l’oppressore, il potente, il padrone. È naturale pensare a quanto quel monito suoni in maniera vuota nell’esatto momento in cui si realizza che l’artista che scrive, compone e induce a riflettere sulle storture della subordinazione è lui stesso un padrone, peraltro inaffidabile. Lo stesso vale per RefugeOne Last TimeRise Up In LoveToo Much Change, tutte ispirate abbastanza genericamente a emergenze sociali ma altrettanto mal riposte nelle mani di chi detiene una responsabilità ma non riesce a farsene adeguatamente carico.

La buona notizia è che, dal punto di vista strettamente musicale, “All Visible Objects” è un ago a metà tra il Moby trentacinquenne di “Play” e l’adulto dalle sonorità ambient. Al netto di My Only Love, cover dei Roxy Music che paragonata alla versione originale non riesce proprio a farsi spazio (difficile replicare il genio di Ferry), le tracce di “All Visible Objects” non brillano per originalità ma posseggono un nonsoché di attraente: MorningsideOne Last Time, tastiere infinite, deep house e i loop vocali di Apollo Jane,  RefugeRise Up In Love e Forever compongono l’anima house del disco.

Le tracce più apprezzabili, quantomeno dal punto di vista dello sforzo creativo, sono in chiusura: Too Much Change, dieci minuti di chillout che segnano il passaggio dal giorno alla notte, Tecie e i suoi synth dominanti e stratificati e infine la title track, All Visible Objects, un avvolgente meditazione di oltre nove minuti. “All Visible Objects” potrebbe avere un senso, ma le tre tangenti di suono, testo e intenzioni non riescono in alcun modo a intersecarsi come dovrebbero.

Per farla breve: la qualità è media ma non basta, dispiace pensare che Moby possa continuare a perdere credibilità per un scivolone così banale. Il 100% delle vendite sono destinate a undici associazioni umanitarie, peccato che, se avesse pagato i suoi dipendenti, lo sforzo finale sarebbe risultato di gran lunga più credibile. 

(2020, Little Idiot)

01 Morningside
02 My Only Love
03 Refuge
04 One Last Time
05 Power Is Taken
06 Rise Up In Love
07 Forever
08 Too Much Change
09 Separation
10 Tecie
11 All Visible Objects

IN BREVE: 2,5/5

Catanese, studi apparentemente molto poco creativi (la Giurisprudenza in realtà dà molto spazio alla fantasia e all'invenzione). Musicopatica per passione, purtroppo non ha ereditato l'eleganza sonora del fratello musicista; in compenso pianifica scelte di vita indossando gli auricolari.