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Mudvayne – The New Game

Manierismo, mestiere, ruffianaggine, cose che di cui vanno golosi tutti quei gruppi che, furbescamente, tentano di sopravvivere alle mode oramai defunte che li hanno generati. Il nu-metal, complice la sua vergognosa mercificazione da parte di majors che non si sono di certo risparmiate a spremere il limone, รจ morto e sepolto ed alcuni residui bellici continuano a vagare per il cosmo musicale insozzando il giร  congestionato mercato con dispensabilissimi parti discografici. Quest’anno ci รจ giร  toccato sorbirci il moscio ritorno dei Disturbed, prontamente premiato da alti piazzamenti nelle charts statunitensi, ora รจ il turno dei Mudvayne, al come-back dopo tre anni di silenzio. Troppo spesso accostati agli Slipknot (non solo per il face-painting) i quattro di Peoria hanno letteralmente buttato nel cesso le felici intuizioni dei primi due album, โ€œLD 50โ€ e โ€œThe End Of All Things To Comeโ€. Tutte le spigolositร  mutuate dal math-rock, filtrate successivamente con la violenza del thrash panteriano e le ritmiche zompettanti dei Korn, tutto questo che poteva col tempo tramutarsi in un’arma letale per chiunque tentasse di insidiarli, tutte queste robe qui sono evaporate in nome della semplicitร , dell’essenzialitร , della linearitร  di canzoncine senza personalitร , tenute a guinzaglio e castrate della potenza di cui un certo tipo di musica non puรฒ affatto fare a meno.. Ascoltateย Scarlet Letters, non รจ una ballad tipica di quel pop-rock spacciato per โ€œnu-grungeโ€ senza arte nรฉ parte? Certo che si, cosรฌ comeย Never Enough del resto. L’attacco diย A New Game vorrebbe farci credere che la band ha mantenuto, nonostante tutto, parte della follia primigenia nel proprio tessuto sonoro. Ci crederanno solo i creduloni: le accelerazioni thrasheggianti e le urla sono i muscoli di un body-builder in pensione che prova a gonfiarsi i bicipiti ammuffiti davanti allo specchio: autoreferenziali e della peggiore delle razze. Da raccontare inย The New Game c’รจ davvero poco. Canzoni realmente interessanti, anche solo da un punto di vista melodico, sono soltantoย Do What You Do, che ha per lo meno un refrain che rimane in testa per almeno un minuto piรน degli altri; la cerimonialeย Fish Out Of Water riverbera oramai sbiaditi echi del passato con lo slap (piuttosto contenuto) del bassista Ryan Martinie nell’inizio, ma non affonda a dovere. Come del resto quasi tutta l’opera, che naufraga da metร  tracklist in poi, provando qua e la ad alzare la testa (Dull Boy,ย We The People) ma non si cava quasi nulla di buono dal buco. Domandarsi quale utilitร  abbia un disco come questo รจ solo fatica mentale buttata alle ortiche, cosรฌ come lo รจ il tempo impiegato per ascoltarlo. Dispiace giungere a parlare cosรฌ male di una delle migliori espressioni del nu-metal nel suo apogeo, ma quando si produce plastica anzichรฉ musica non si puรฒ certo far finta di nulla. Manierismo, mestiere, ruffianaggine, vi interessa?

(2008, Epic)

01 Fish Out Of Water
02 Have It Your Way
03 A New Game
04 Dull Boy
05 Do What You Do
06 The Hate In Me
07 Scarlet Letters
08 Same Ol?
09 Never Enough
10 A Cinderella Story
11 We The People

A cura di Marco Giarratana